Mentre noi bambini degli anni ‘90 trascorrevamo interi pomeriggi a fare merenda guardando i cartoni animati giapponesi, telefilm americani e sognando di poter giocare nella nazionale brasiliana, quasi come fossimo in un universo parallelo, c’era un gruppo di ragazzi tutti italiani che neanche troppo timidamente si stavano affacciando come debuttanti nella massima serie. Stiamo parlando del romantico Piacenza, 100% Made in Italy, che per la prima volta nella sua storia sbarcava in Serie A nel 1993 dopo la vittoria all’ultima giornata ai danni del Cosenza.
Prima volta, nel segno del Milan
Negli anni ’90, epoca in cui le frontiere erano ormai riaperte da oltre un decennio, si potevano schierare nella formazione iniziale fino ad un massimo di tre giocatori stranieri. Eppure la scelta del Piacenza è stata diversa, un mix di gratitudine e di orgoglio patriottico del compianto patron Garilli, che aveva deciso di insistere sull’ossatura della squadra con cui mister Luigi Cagni aveva centrato la prima storica promozione degli emiliani in massima serie e che era composta di soli italiani. Un’utopia oggi difficilmente perseguibile, che in giro per l’Europa trova rarissime eccezioni. Non un approccio tutto rose e fiori, quello dei Lupi biancorossi al massimo campionato. Raggiungono il primo punto della loro storia in A alla terza giornata, un appuntamento tutt’altro che banale: allo Stadio Galleana, nome scelto in onore del quartiere in cui sorge l’impianto, arriva il Milan degli Invincibili, reduce da un 1993 brillante, con lo scudetto vinto ampiamente ed una Champions League persa soltanto in finale contro l’Olympique Marsiglia di Bernard Tapie.
Uno 0-0 più che onorevole per una neopromossa in cui militano diversi elementi esperti, arrivati a giocarsi la grande chance alle porte o addirittura oltre i 30 anni, come il capitano Settimio Lucci, Stefano Maccoppi, Giorgio Papais, Francesco Turrini, Agostino Iacobelli, l’ex campione d’Italia con il Napoli Antonio Carannante e Totò De Vitis. Al loro fianco alcuni giovani in rampa di lancio, come il portiere Massimo Taibi, che dal Milan è passato senza lasciare un segno (e che ci tornerà in futuro, anche in questo caso senza raccogliere particolari soddisfazioni), Daniele Moretti, il mitico Cleto Polonia e Gianpietro Piovani. Lasciato per ultimo non per caso. Perché dopo quel primo punto contro il Milan che ha dato coraggio ai ragazzi di Cagni (cui ha fatto seguito il pari a Reggio Emilia e il successo interno contro il Lecce), è proprio il numero 11 piacentino a regalare una gioia insperata, quasi fantascienza fino a qualche anno prima. Agli ottavi di finale di Coppa Italia è proprio il Milan l’avversaria del club emiliano, un sorteggio che pare lasciare pochissime chance. Eppure a San Siro il match di andata si chiude con un onorevole 1-1, grazie al pari di Maccoppi a sei minuti dalla fine.
Al ritorno ci si aspetta una grande reazione dei campioni d’Italia ma i ragazzi terribili fanno la loro parte e al 91’ proprio Piovani firma uno storico successo: il Piacenza accede ai quarti di finale, dove si fermerà al cospetto del Torino, nonostante proprio Piovani timbri il cartellino sia all’andata (2-2 in casa) che al ritorno (sconfitta per 2-1 al Delle Alpi). Il Milan è nel destino sia all’inizio che alla fine della stagione dei biancorossi, con esiti opposti: anche al netto di un buon cammino, costellato anche di qualche scalpo importante, infatti, il Piacenza si ritrova invischiato nella lotta per non retrocedere fino all’ultima giornata, a cui arriva al quart’ultimo posto al pari della Reggiana e con un punto di ritardo rispetto al Cagliari.
La stagione 1993-94 è storica per il calcio italiano, capace di portare in finale tre formazioni in altrettante competizioni europee. Si tratta di un exploit che si rivelerà determinate anche per la lotta salvezza. Il Piacenza è atteso dalla trasferta del Tardini di Parma, con i ducali che il mercoledì devono disputare la finale di Coppa delle Coppe contro l’Arsenal. Parma-Piacenza viene anticipata a sabato 30 aprile e si conclude con uno 0-0. Potrebbe bastare ai biancorossi, visto che all’indomani la Reggiana è attesa da una trasferta pressoché impossibile, quella di San Siro contro il Milan, laureatosi nuovamente campione d’Italia e in attesa di disputare la storica finale di Champions League ad Atene contro il Barça di Cruijff. La mente è già nella capitale greca, il turnover è intenso e il Milan non sembra impegnarsi più di tanto. E così, in quel nefasto 1 maggio 1994 che ad Imola si porterà via il grande Ayrton Senna, anche un’altra città della regione è destinata a versare lacrime amare. Ed alla fine sarà proprio Piacenza, perché un gran gol di Massimiliano Esposito (che Galliani definirà “alla Chris Waddle”, ricordando un doloroso gol europeo subito dal Diavolo) regalerà l’inatteso colpo esterno ai granata: 1-0 a Milano e il sogno dei biancorossi si conclude mestamente.
Il match integrale di Coppa Italia tra Piacenza e Milan. Storico successo emiliano che di fatto impedì il triplete ai rossoneri
Ripartire, anche senza capisaldi
Nella successiva stagione in Serie B inizia a splendere la stella di un ragazzo proveniente dal vivaio dei Lupi, un certo Filippo Inzaghi di cui si sentirà decisamente parlare (anche al Milan, a proposito di incroci del destino): 15 gol tra i cadetti – tanti quanti ne segnerà anche Piovani – valgono il primo posto in B e l’immediata risalita in massima serie. Che stavolta non sarà un’avventura di passaggio, ma una lunga storia d’amore. Nel campionato 1995-96, infatti, cambiano molte cose ma non il progetto tricolore di Garilli. Se Inzaghi spicca il volo verso altri lidi e anche Totò De Vitis abbandona la nave, al loro posto arrivano Nicola Caccia e Massimiliano Cappellini. E a centrocampo, ceduti Suppa e Papais, ecco Eugenio Corini, Angelo Carbone ed Eusebio Di Francesco, esterno che si saprà ritagliare un ruolo anche in zona centrale e che risulterà determinante a dispetto dello scetticismo della piazza, che non si fida troppo del 26enne con trascorsi soprattutto in Serie B e C1. Il Piacenza, dopo una partenza problematica ed una precoce ed inattesa eliminazione di fine agosto in Coppa Italia contro il Forlì, si salva senza patemi con un rassicurante +5 sulla quart’ultima.
La successiva stagione 1996-97 rappresenterà un crocevia importantissimo per il progetto piacentino: Gigi Cagni lascia la panchina emiliana per scendere in B e sposare la causa del Verona. Al suo posto Bortolo Mutti, alla prima avventura da tecnico in massima serie. Il mercato sarà corposo, con molte partenze più o meno dolorose ma soprattutto con una serie di arrivi utili a ringiovanire la rossa e a rinverdirne le ambizioni: il riscatto di Mirko Conte, Daniele Delli Carri, Mirko Tramezzani, Giuseppe Scienza, Gabriele Pin, Fausto Pari, Aladino Valoti, Fabian Natale Valtolina, quell’Andrea Tentoni che tanto bene ha fatto alla Cremonese, ma soprattutto Pasquale Luiso. Sarà proprio il Toro di Sora a risultare decisivo per le sorti del club del patron Garilli. Purtroppo l’Ingegnere non avrà modo di vedere l’ennesimo miracolo della sua creatura, stroncato da un infarto prima di metà campionato, il 30 dicembre 1996 e sostituito al timone della società dal primogenito Stefano, che continuerà l’utopia Made in Italy del padre.
Il Piacenza lotta, sgomita e segna un’altra tacca in questo strano incrocio di destini con il Milan, quando uno stupendo gol in rovesciata di Luiso vale il 3-2 ai danni dei campioni d’Italia in carica e costa l’esonero al neotecnico milanista Óscar Washington Tabárez. Un gol così bello da valere un’esultanza scomposta, togliendosi la maglia e correndo verso la curva, diversamente dalla solita celebrazione di squadra ai gol del Toro di Sora con una collettiva Macarena, ballo del momento.
Anche stavolta si decide tutto all’ultima giornata, in un finale ancora più thrilling di quello del 1994: al penultimo turno, la squadra di Mutti è affondata senza appello a Udine, mentre un autogol del capitano Villa ha condannato il Cagliari alla sconfitta interna per 4-3 contro la Sampdoria. Le due squadre, appaiate a 34 punti, sarebbero entrambe virtualmente retrocesse, con un distacco di 3 punti dal Perugia, vittorioso contro la Roma. Se non fosse che l’ultimo turno ha riservato uno scontro diretto, quello al Galleana tra Piacenza e Perugia, mentre il Cagliari sembra destinato ad un’amara retrocessione, essendo atteso da una trasferta teoricamente complicata e nella quale servirebbe solo vincere. Il destino dice ancora Milan a San Siro per un’avversaria del Piacenza nella corsa per la salvezza.
E incredibilmente, a tre anni di distanza, le cose vanno allo stesso modo: 1-0 Cagliari a firma di Muzzi dopo 10’. Una notizia che arriva anche alle radioline del Galleana e che allarma principalmente il Perugia: il Grifone sa che gli basterebbe un punto per essere salvo ma il successo del Cagliari complicherebbe non poco le cose, dal momento che in caso di arrivo a pari punti di tutte e tre le squadre sarebbe la classifica avulsa a decidere tutto. E in caso di vittoria piacentina, all’ultimo posto di questo mini-campionato a tre finirebbe proprio il Perugia, che sarebbe costretto a lasciare la Serie A saltando anche lo spareggio. A indirizzare il match ci pensa il solito Luiso, che sale a quota 14 centri e porta avanti i suoi. Finirà 2-1, con il rigore di Lucci e il beffardo e inutile gol della bandiera di Dicara al 90’, con gli umbri che scendono in B e regalano un’appendice alla Serie A, lo spareggio tra Piacenza e Cagliari sul campo neutro di Napoli. Sarà un successo netto degli emiliani, 3-1 con doppietta di un indemoniato Luiso. Salvezza faticosa ma meritata.
La rovesciata di Luiso al Milan, rivista in tutte le salse
Fine del sogno
I finali al cardiopalma sono la specialità della casa, anche al netto di inevitabili cambiamenti: nella stagione successiva Luiso saluta e va a giocare la Coppa delle Coppe al Vicenza, al suo posto viene scelto Roberto Murgita. Arrivano calciatori esperti, come il campione del mondo Pietro Vierchowod, Roberto Bordin, Giovanni Stroppa e Renato Buso. Il nuovo allenatore è Vincenzo Guerini perché Mutti ha infelicemente scelto di allenare il Napoli in quella che sarà la peggior stagione in A della storia partenopea. Anche con il nuovo assetto, per il Piacenza la salvezza arriva solo all’ultima giornata, un 3-1 a Lecce che permette di conservare il +2 sul Brescia e rimanere in A per la quarta stagione di fila. E arriverà la quinta nel campionato 1998-99, quello delle famose “Sette sorelle”: un nuovo corso tecnico, con in panchina Giuseppe Materazzi, porterà ad un maggior focus sui giovani del vivaio, come i due fratelli d’arte Alessandro Lucarelli e Simone Inzaghi, unitamente all’arrivo di qualche vecchia volpe come Ruggiero Rizzitelli, Paolo Cristallini, Gian Paolo Manighetti e Francesco Statuto. Tutto nel nome della totale italianità della rosa, come consuetudine. Ed anche se formalmente la matematica arriva solo all’ultimo turno, il dodicesimo posto finale al pari del Cagliari è il miglior risultato della storia piacentina in Serie A.
L’era d’oro del Piacenza si conclude con l’arrivo del terzo millennio, dopo cinque salvezze consecutive. Anche questa stagione è segnata da un cambio di allenatore, con l’arrivo di Gigi Simoni, reduce dall’avventura all’Inter ma soprattutto criticatissimo per il suo passato alla Cremonese, club rivale dei Lupi. I 30 miliardi incassati dalla cessione di Simone Inzaghi alla Lazio non vengono reinvestiti con lucidità e neanche il cambio di allenatore a metà stagione, con la scelta della coppia Bernazzani-Braghin, cambia le cose: gli emiliani retrocedono senza appello, ultimi a -18 dalla zona salvezza. E se è vero che non sarà l’ultima volta in Serie A, di sicuro la fine del millennio coincide con la fine del sogno autarchico dell’indimenticato patron Leonardo Garilli, cui nel frattempo è stato dedicato l’ex Stadio Galleana. A causa di dissidi interni riguardo alla gestione della società, Stefano Garilli lascia il timone al fratello Fabrizio, che vede il romantico ideale del padre come un freno alla competitività, nonostante un Piacenza tutto italiano torni in A già nel 2001 sotto la guida tecnica di Novellino. E così, nell’estate del 2001, arrivano i primi stranieri, i brasiliani Matuzalém e Amauri, cui fa seguito il romeno Pătrașcu a gennaio. Arriva un’altra salvezza all’ultima giornata grazie al successo nello scontro diretto contro il Verona, con i gol di Volpi e la doppietta di Dario Hubner, capocannoniere della Serie A.
Nel 2003 il Piacenza non più italiano retrocede definitivamente: squadra di livello inferiore a quanto richiesto dalla categoria e problemi societari la rendono non competitiva; nemmeno il ritorno di Cagni evita una retrocessione senza appello. I biancorossi salutano la A con un match che rappresenta l’ennesimo incrocio del destino. L’ultima, manco a dirlo, è contro il Milan, un successo per 4-2 con doppietta di Hubner e gol di Maresca e Marchionni, al cospetto di un’avversaria totalmente rimaneggiata in vista dell’imminente finale di Champions League
Il Piacenza non tornerà più in A. Nel 2012 retrocede in Prima Divisione, un anno dopo scende ancora e fallisce, ripartendo dall’Eccellenza. Quest’anno il club milita in D e, guidato da Stefano Rossini, uno dei calciatori che ha fatto parte della rosa Made in Italy ai tempi della A, è al comando del girone B.
The Last Dance : l’ultima volta del Piacenza in A raccontata dalle immagini di 90° minuto
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