Dopo un regno di due anni e mezzo incentrato su concetti calcistici orientati verso una marcata ricerca del risultato e dell’agonismo prima ancora che della prestazione, De Rossi si è presentato in conferenza stampa con umiltà ma parlando di idee radicalmente opposte.
Nonostante i ringraziamenti e l’ammirazione rivolti allo Special One, l’ex Capitan Futuro giallorosso ha prontamente dichiarato di aver iniziato ad amare il mestiere dell’allenatore grazie al lavoro quotidiano da calciatore alle dipendenze di Spalletti e Luis Enrique, spendendo anche i nomi di Guardiola e De Zerbi, da sempre citati come punti di riferimento per il proprio credo calcistico.
Il sistema e i principi di gioco
Rispetto alla sua unica esperienza precedente a Ferrara, Roma è una piazza che permetterà a De Rossi di esprimere le sue idee di gioco con calciatori di un livello più alto, circostanza che certamente agevola i concetti di un calcio propositivo sposati dall’ex centrocampista giallorosso.
Il modulo di base viene presentato come 4-3-3, anche se nelle due fasi di gioco subisce delle variazioni. In porta inizialmente viene scelto Rui Patricio, che però nelle ultime gare si è visto sfilare il posto da Svilar. Il reparto difensivo è composto da due difensori centrali, che possono essere Llorente, Mancini, Huijsen, N’Dicka o Smalling, e da due terzini che solitamente agiscono a differente altezza, a scelta tra Karsdorp, Spinazzola, Kristensen, Celik o il nuovo arrivato Angeliño. Il centrocampo è composto da due vertici più bassi, come Paredes, Cristante o Bove e da un giocatore come Pellegrini, capace di svariare sulla trequarti, con Dybala, Baldanzi, El Shaarawy o Zalewski. Il terminale offensivo prediletto è Romelu Lukaku, alternato in alcune occasioni con Azmoun.
Il 4-3-3 in fase di possesso si trasforma in un 3-2-4-1, con il terzino sinistro che rimane bloccato, Dybala che si accentra e Karsdorp che prende il suo posto in ampiezza a destra.
Questo sistema di gioco è stato poi rivisitato nelle partite successive, inserendo altri giocatori rispetto a quelli scesi in campo all’esordio, cambiando modulo di partenza o semplicemente apportando rotazioni di altro tipo nelle due fasi di gioco. Ciò che è rimasto intatto è stata l’intenzione di presentare un calcio propositivo e basato su principi posizionali.
Per esempio rimane invariata l’intenzione di creare una struttura che garantisca superiorità numerica in fase di costruzione. Nella prima partita contro il Verona è stato utilizzato un 3+2 che permetteva di avere un uomo in più rispetto ai quattro riferimenti offensivi avversari che uscivano in pressione.
Invece, nell’ultima partita contro il Torino, la Roma è partita con un 3-4-2-1 di base che in fase di costruzione cambiava forma. De Rossi ha infatti preferito utilizzare un 2+4 anziché il 3+2 visto precedentemente, abbassando uno dei due esterni di centrocampo sulla linea difensiva. Il motivo di questo cambiamento è finalizzato a far uscire in pressione il quinto e il braccetto avversario, in modo da poter giocare alle loro spalle.
Vale quindi la pena fare un riepilogo di ogni partita, per vedere come la squadra si è evoluta e quali tendenze tattiche ha preferito di volta in volta De Rossi.
L’esordio contro il Verona
Dopo quasi cinque anni dal suo addio alla Roma, De Rossi torna allo Stadio Olimpico nelle vesti di allenatore. Nonostante appena tre allenamenti con il nuovo mister, la Roma mostra subito una nuova identità, con una continua ricerca del dominio del gioco attraverso il possesso palla e fluide rotazioni di catena.
Il 4-3-3 di base si trasforma, come detto, in un 3-2-4-1 molto fluido, al quale vengono apportate ulteriori rotazioni. Nei primi 20 minuti sulla catena di sinistra avviene costantemente una rotazione in senso orario tra Paredes che scivola nella linea difensiva, Spinazzola che si alza in ampiezza, El Shaarawy che stringe e Pellegrini che si abbassa al fianco di Bove.
Nel momento in cui Spinazzola deve uscire dal campo per infortunio, i giallorossi smettono di effettuare questi movimenti, favorendo uno sviluppo del gioco più centrale. Chiaramente, dopo due anni e mezzo di calcio speculativo con Mourinho, per la squadra è difficile adattarsi al gioco propositivo che vuole proporre De Rossi, quindi nella manovra è impossibile non notare qualche errore tecnico da parte di alcuni singoli. Quando però i centrocampisti giallorossi riescono a combinare tra loro nel modo giusto, attirano gli avversari al centro del campo e liberano le corsie, dove i due esterni (specialmente Karsdorp) possono rifinire le azioni.
Prima azione del video: dialogo stretto per vie centrali che attrae al centro gli esterni scaligeri e libera al cross Karsdorp a destra
In fase di non possesso la squadra si schiera col 4-1-4-1, senza effettuare una pressione alta: Lukaku balla tra i due centrali difensivi avversari, mentre la linea a quattro marca a uomo i due terzini e i due interni di centrocampo.
Questo baricentro più basso favorisce ripartenze efficaci, come quella del gol del vantaggio: nel momento in cui il pallone viene recuperato, la Roma può attaccare rapidamente la metà campo avversaria con El Shaarawy e Lukaku, autori rispettivamente dell’assist e del gol.
Nel secondo tempo la Roma cala molto, subendo anche il gol che accorcia le distanze. De Rossi è costretto ad abbassare ulteriormente il baricentro in fase di non possesso e così, dopo aver fatto entrare Zalewski, negli ultimi dieci minuti è tornato ad utilizzare il 5-3-2 per proteggere una vittoria importante.
Le difficoltà di Salerno
Nella partita contro la Salernitana, De Rossi deve far fronte alla prime difficoltà. L’infortunato Spinazzola viene rimpiazzato da Kristensen, che non è versatile come il numero 37 né avvezzo al ruolo, costringendo la Roma a rinunciare alla fluidità che l’ha contraddistinta nella prima partita del nuovo corso. Il sistema di gioco è rimasto invariato ma, complice una Roma in difficoltà e una Salernitana chiusa nella propria metà campo, per i giallorossi è inizialmente difficile creare occasioni da gol. Per provare ad aprire la difesa avversaria, la Roma allarga molto i braccetti, che in alcune occasioni si trovano quasi a pestare la linea laterale.
Questo, tuttavia, finisce per generare un effetto contrario, con la Salernitana abile a bloccare la manovra avversaria e ad intercettare il pallone, creandosi la possibilità di attaccare gli spazi tra centrale e braccetto. Nella seguente immagine vediamo che solo due giocatori della Roma rimangono sotto palla, mentre i granata possono contrattaccare rapidamente dopo il recupero del pallone.
Nel primo tempo, totalizzando un possesso palla del 26%, la Salernitana effettua ben 9 tiri di cui 3 nello specchio, mentre la Roma solo 2 tiri, peraltro non diretti in porta. Nel secondo tempo, tuttavia, gli ospiti riescono a sbloccarsi, guadagnando e realizzando un calcio di rigore in maniera molto fortuita e riuscendo poi a prendere le redini del match. La qualità tecnica di Dybala e la velocità di Karsdorp sembrano andare a braccetto, regalando a Pellegrini un assist al bacio per il raddoppio giallorosso.
Nell’azione del raddoppio giallorosso, Dybala parte da destra, si accentra attirando a sé Bradarić, quindi di tacco scarica per Karsdorp: fascia libera, cross al centro e gol di Pellegrini
Nel finale l’attenzione cala di nuovo e la Salernitana riesce ad accorciare le distanze grazie al gol di Kastanos, che viene lasciato solo in area di rigore. Un aspetto che continuerà a ripetersi nelle partite successive, manifestando una grave difficoltà della Roma nel marcare in area di rigore.
I cambiamenti decisivi
Sull’onda della non brillante prestazione di Salerno, De Rossi opta per alcuni cambiamenti tattici nella partita contro il Cagliari. Un match per lui speciale, nel quale ritrova da avversario Claudio Ranieri, due simboli del romanismo che “si sono accompagnati a vicenda alla porta” nel 2019, riprendendo le parole dell’attuale tecnico giallorosso. Rispetto al 3+2 utilizzato nelle due precedenti gare, viene preferito un 3+1, dove Paredes funge da unico riferimento basso.
Cristante ricopre un ruolo diverso, svariando molto per il campo. In certe occasioni affianca Paredes ma il più delle volte si apre sul lato destro, permettendo a Karsdorp di avanzare e offrendo quindi una soluzione esterna.
Il movimento del numero 4 serve principalmente per cercare di aprire il blocco basso avversario, il quale può essere colpito con dei passaggi progressivi verso Lukaku oppure con un cambio gioco. Il gol del raddoppio arriva proprio su una sventagliata di Cristante verso El Shaarawy, che procederà poi a servire Dybala in area di rigore.
Nel momento in cui gli ospiti si trovano nella loro metà campo, i problemi nel difendere la porta non vengono occultati da uno schieramento molto cauto, con un 5-3-2 compatto. La Roma cerca di creare densità sul lato destro, potendo contare sul posizionamento largo di Mancini, Karsdorp, Cristante e Dybala, per poi cambiare fronte sul lato sinistro, dove El Shaarawy è isolato.
Si notano anche molti miglioramenti nei singoli: il posizionamento avanzato di Cristante permette a Dybala di muoversi con più libertà, decidendo se svariare sul fianco destro o se girare attorno a Lukaku. I risultati si vedono: l’argentino chiude con una doppietta e con più conclusioni e più dribbling riusciti di tutti i giocatori in campo.
Anche l’inserimento di un giocatore come Angeliño giova a tutta la squadra, dal momento che è il giocatore della Roma ad effettuare più passaggi nell’ultimo terzo di campo. Il primo gol deriva proprio da un suo passaggio progressivo per El Shaarawy, il quale otterrà un corner su cui la Roma segnerà il gol del vantaggio.
L’Inter e i primi problemi
I primi problemi significativi sorgono nella partita contro l’Inter dove per mezz’ora la Roma si impone dimostrandosi superiore, scivolando però nella ripresa. Per evitare di essere schiacciati, i giallorossi pressano molto alto, con una marcatura a uomo nella zona. Sulla prima costruzione Dybala, Lukaku e Pellegrini si occupano dei tre centrali, Paredes e Cristante marcano Calhanoglu e Mkhitaryan, mentre El Shaarawy e Angeliño si alternano nella marcatura di Barella e Darmian.
Le marcature a uomo sulla prima costruzione con Karsdorp e Angeliño che si alzano in aggressione sui quinti
A seconda del lato in cui l’Inter decide di sviluppare, il terzino lato palla della Roma esce aggressivo sul quinto avversario, mentre quello sul lato opposto ripiega.
In fase di possesso la Roma cerca di manipolare le marcature, così da allungare il campo e trovare spazi tra le linee. In fase di prima costruzione Paredes si abbassa in mezzo ai due centrali, formando spesso un 3+1 con Cristante, mentre Dybala e Pellegrini forniscono un appoggio a centrocampo. Come nelle precedenti partite, Karsdorp occupa l’ampiezza a destra mentre Angeliño si alterna: a volte si alza in ampiezza permettendo ad El Shaarawy di stringere mentre altre volte è lui a stringere, scambiandosi con Pellegrini.
Ad eccezione del gol subito a inizio gara, nella prima mezz’ora la Roma mette incredibilmente sotto gli avversari. Il 18% dei tocchi della Roma nella trequarti avversaria si concentra in area di rigore, il numero più alto concesso dall’Inter in stagione.
Nonostante i nerazzurri alzino i ritmi, la Roma ha ancora la possibilità di colpire. Negli ultimi minuti del primo tempo i giallorossi sfruttano l’altezza del baricentro avversario per colpire i nerazzurri in contropiede con El Shaarawy, che davanti alla porta non perdona.
Nel secondo tempo l’Inter riaccende il motore, iniziando a schiacciare la Roma nella propria metà campo. I nerazzurri sovraccaricano il lato sinistro senza lasciare respiro ai capitolini: le continue rotazioni di catena disordinano il sistema difensivo della Roma, che subisce due reti in sette minuti. Il posizionamento arretrato di Lautaro Martinez porta Mancini a marcarlo anche fuori dall’area, in particolar modo in occasione del 2-3.
Mancini rompe la linea, Karsdorp si apre, quindi è Dybala che deve assorbire l’inserimento di Mkhitaryan: sul cross dell’armeno l’area di rigore rimane sguarnita.
La squadra di De Rossi ha affrontato una delle squadre più in forma in Europa, ma allo stesso modo ha riscontrato problemi abbastanza rilevanti. Tra questi c’è l’ennesimo calo nella ripresa e un deficit nelle marcature in area di rigore.
Le variazioni contro il Frosinone
Il match dello Stirpe arriva esattamente a metà tra i due match europei contro il Feyenoord, con la necessità di gestire le energie che De Rossi soddisfa mediante il ricorso ad un turnover piuttosto ampio.
Nella sostanziale dicotomia tra prima e dopo, De Rossi si è posto in maniera alternata, non lesinando nei complimenti per il lavoro svolto da Mourinho ma anche sottolineando in conferenza stampa, pur senza riferimenti diretti, alcuni aspetti di discordanza con la precedente gestione (emblematico, in tal senso, quanto detto prima del match contro l’Inter: “Siamo consapevoli che ci saranno momenti in cui ci schiacceranno per 10-15 minuti, ma non possiamo concederlo per 40, altrimenti gli consegneremmo la vittoria“, di fatto sancendo la fallacia dell’atteggiamento mostrato all’andata).
Stavolta De Rossi passa dalle parole ai fatti con tre scelte significativamente distanti dai due anni e mezzo di Mourinho: la rinuncia totale a Dybala, ritenuto indispensabile dallo Special One anche per match teoricamente più agevoli, l’ampio turnover con sette cambi rispetto a Rotterdam e, soprattutto, la scelta di Svilar al posto di Rui Patricio, che suona come definitiva.
Limitandosi al risultato, tre scelte che sembrano pagare, visto il 3-0 finale. Eppure la Roma ha sofferto molto, specialmente nella prima frazione, permettendo al Frosinone di arrivare alla conclusione addirittura in 18 occasioni, di cui 4 nello specchio.
Sofferenza frutto di un atteggiamento molto offensivo, con la scelta di optare dal 1′ per un 4-2-3-1 asimmetrico, con Baldanzi che parte da destra tendendo ad accentrarsi e la rinuncia al lavoro di Pellegrini per inserire un giocatore molto più offensivo come Azmoun alle spalle di Lukaku. Perdere un uomo in mezzo al campo ha esposto i due centrali all’inferiorità numerica contro la mediana frusinate che, approfittando dei movimenti ad accentrarsi di Soulé, si è creata spazio a sufficienza per dialogare e andare al tiro da fuori.
Nella prima azione si nota come la squadra di Di Francesco si inserisca nello spazio tra i reparti giallorossi, con i mediani eccessivamente schiacciata sui difensori
I giallorossi inoltre pagano il principale problema difensivo evidenziato in questo primo periodo di lavoro con il tecnico, ossia il difetto di marcatura sui cross, specialmente provenienti da sinistra, oltre che la scarsa precisione di Huijsen nella fase di circolazione del pallone, con molti errori di disimpegno cui il centrale di proprietà della Juventus ha posto rimedio con l’eurogol che ha stappato il match.
Nella ripresa, De Rossi torna all’impianto originario, rinunciando a Lukaku per inserire Pellegrini e proponendo il consueto 4-3-3 con Baldanzi a fare “il Dybala” anche come raggio di azione e Azmoun nel ruolo di prima punta. Proprio loro sono i protagonisti dei due gol che chiudono il match, avvalorando la scelta del tecnico di coinvolgere lo spogliatoio per intero.
Una delle chiavi di volta è la posizione di Paredes in fase di non possesso, sia per l’abilità di abbassarsi con profitto sulla linea dei difensori che per quella di recuperare la posizione dei terzini durante le transizioni negative.
Su una palla persa da Kristensen, il Frosinone riparte e Paredes si abbassa sulla linea dei difensori, in luogo del terzino destro, coprendo la posizione del danese e di Mancini, uscito in pressing sul portatore
Il rendimento in coppa
Il gioco speculativo di Mourinho, pur difettando in spettacolarità, ha prodotto dividendi nel corso delle ultime due stagioni, tanto da portare la Roma al successo in Conference League nel 2022 e alla finale di Europa League nel 2023.
Aspetto da non sottovalutare è anche l’avversario che si para di fronte alla Roma. Il Feyenoord di Slot ha mantenuto lo stesso impianto tattico nel corso dell’ultimo triennio, in cui ha affrontato la Roma in ogni singola stagione. Nel corso dei due precedenti, l’atteggiamento tattico della Roma era stato diverso: molto mourinhano nella finale di Tirana, con una fase di intensa sofferenza e pallino del gioco lasciato nelle mani degli olandesi; con un sostanziale dominio giallorosso nei quarti di finale di Europa League nel 2023, sebbene la nave sia arrivata in porto solo ai supplementari dopo un gol di Dybala all’89’ del match di ritorno.
Nel complesso, la doppia sfida del 2024 rivela un sostanziale equilibrio ed un canovaccio similare: la Roma merita la qualificazione ottenuta, avendo tenuto il pallino del gioco per un maggior numero di minuti ma soffrendo negli ultimi 16 metri, anche a causa della scarsa forma di Lukaku, pur al netto del gol nel match di andata e di una clamorosa chance al 120′ nel ritorno.
Il Feyenoord, dal canto suo, in entrambe le partite si trova in vantaggio con situazioni analoghe: cross di Hartman dalla sinistra su due errori diversi di Karsdorp, gol di Paixão di testa all’andata (molto simile a quello di Kastanos a Salerno con errore in marcatura di Llorente), gol con un rimpallo sfortunato su Giménez nel match dell’Olimpico.
Karsdorp si attarda centralmente su Stengs, lasciando Hartman libero di crossare, nello scontro tra numeri 14 Llorente perde le distanze con Paixão, libero di colpire di testa per il vantaggio del Feyenoord al de Kuip
Proprio la gestione di Giménez nel match di ritorno determina un aggiustamento da parte di De Rossi, nella coppia di centrali difensivi: diversamente da quanto avviene di consueto, l’attitudine del messicano a scivolare sul fronte destro dell’attacco spinge l’ex Capitan Futuro a scegliere Mancini come uomo deputato alla gestione dell’attaccante avversario, schierandolo sul centro-sinistra, con Llorente sul centro-destra.
Mancini schierato sul centro-sinistra con Llorente sul centro-destra. Spinazzola rimane bloccato a sinistra e Paredes si abbassa per fornire un appoggio in fase di impostazione
Scelta che, specie ad inizio gara, non ha dato riscontri positivi: pur non cambiando la scelta dell’aggressione alta da parte di Mancini, l’utilizzo sul lato debole lo ha sacrificato in fase di impostazione e, soprattutto, ha tolto un punto di riferimento che fungesse da tutor ad uno svagato Karsdorp, non sufficientemente supportato dall’ex centrale del Leeds.
Nei primi 20′, inoltre, la diversa impostazione del centrocampo rispetto all’andata è stata motivo di grattacapi per i giallorossi. Quinten Timber, assente per infortunio al de Kuip, ha garantito geometrie e sostanze, regalando a Wieffer la possibilità di inserirsi con costanza e pericolosità. I giallorossi hanno impiegato metà della prima frazione per prendere le contromisure, salvo poi escludere totalmente dal match il centrocampista olandese, grazie all’ottimo lavoro di Paredes e, soprattutto, di un Pellegrini monumentale in entrambe le fasi.
Pur creando meno chance rispetto all’andata e soffrendo un ritorno del Feyenoord nella fase finale dei tempi regolamentari, la Roma è tornata in controllo del match nei supplementari, sfiorando due volte il gol con Lukaku nell’ultimo minuto di gioco. In questo senso importante la mossa di De Rossi di giocarsi tre cambi nel corso dell’overtime, così da avere tre giocatori di corsa (Zalewski, Baldanzi e Angeliño) che ridessero sprint ai giallorossi, capaci di imporsi ai rigori per la prima volta dopo 41 anni in Europa grazie ad uno Svilar ormai promosso titolare da De Rossi.
Gli highlights del match di ritorno
L’ultimo cambio di modulo
La sfida tra Roma e Torino viene illuminata dalle prodezze di un singolo in forma smagliante, Dybala, che decide il match con una tripletta. Da quando è arrivato il nuovo tecnico, l’argentino gode di una libertà posizionale che gli permette di svariare su tutto il fronte offensivo, a suo piacimento.
In questa partita De Rossi per la prima volta cambia modulo di base, tornando al 3-5-2 dell’era Mourinho: in difesa Smalling e N’Dicka al fianco del solito Mancini, a centrocampo le conferme di Paredes, Cristante e Pellegrini, sulle fasce Kristensen e Angeliño e davanti Dybala che gira attorno ad Azmoun.
Come abbiamo visto precedentemente, il modulo si modifica, diventando un 4+2 in fase di costruzione. De Rossi nel postpartita confermerà che questa mossa tattica deriva dall’intenzione di far uscire i quinti e i braccetti avversari, in modo da giocare alle loro spalle.
Il pressing granata funziona bene e il Toro spesso riesce a recuperare palla, sebbene in alcuni casi la Roma sfoderi attacchi verticali pericolosi. Per esempio al 9’ Djidji si alza troppo in pressione, la Roma gioca alle sue spalle e trova Azmoun, che batte Lovato in velocità: l’azione si concluderà con un palo stampato da Kristensen.
Come detto, la partita viene risolta da una prestazione di altissima qualità di Dybala, che si procura e realizza un calcio di rigore e nel secondo tempo segna altri due gol di pregevole fattura.
Comunicazione e abnegazione
La prima cosa che salta all’occhio nella gestione De Rossi è la sua idea di osare: nonostante fosse arrivato da pochi giorni, già nel primo match contro il Verona ha deciso di uscire dalla comfort zone sua e della squadra. Pur se con risultati rivedibili, nella sua esperienza a Ferrara il tecnico aveva optato per una difesa a 3, impianto di gioco con cui la squadra giallorossa ha giocato nell’era Mou.
Capitan Futuro ha mostrato di aver ben chiare le esigenze della Roma e di sapere già dove mettere le mani, vuoi per la sua meticolosità o anche perché, come lui stesso ha sottolineato in conferenza stampa, il fatto di essere tifoso giallorosso lo ha avvantaggiato, avendo visto tutte le partite della sua squadra.
E a proposito di conferenze stampa, una delle differenze più marcate rispetto alla gestione Mourinho è l’aspetto comunicativo. Non è chiaro se la strada intrapresa porti risultati nel lungo periodo, peraltro in un campo in cui lo Special One è stato maestro assoluto, sta di fatto che De Rossi ha immediatamente fatto un’inversione a U rispetto al recentissimo passato, assumendosi le responsabilità anche di errori individuali dei singoli, coinvolgendo tutti i calciatori della rosa (schierati già 25 giocatori in otto partite) sia nelle rotazioni che nelle dinamiche di spogliatoio, tramite iniezioni di fiducia anche a fronte di prestazioni meno buone.
Allo stesso modo, le sue decisioni paiono aver eliminato alcune convinzioni che la squadra aveva acquisito nel tempo e su cui si era fossilizzata: dopo un biennio di dichiarazioni finalizzate ad evidenziare la totale irrinunciabilità della difesa a 3 e di alcuni interpreti, le scelte tattiche con il passaggio alla difesa a 4 e quelle di formazione, con una manovra rivelatasi nel complesso meno “Dybala-centrica”, hanno finito per coinvolgere positivamente più calciatori sia nelle zone centrali che sugli esterni, dove i terzini si trovano a giocar palla più spesso nell’ultimo terzo di campo, riducendone gli errori in fase di palleggio. Ciò ha finito per responsabilizzare il gruppo e, al tempo stesso, a donargli maggior fiducia.
Altra cosa che colpisce è l’abnegazione e l’attenzione ai dettagli. Nel post-partita contro il Feyenoord, ad una domanda sulle sensazioni al momento del rigore decisivo, Nicola Zalewski ha risposto in questo modo:
I pensieri sono stati un po’. Ero tranquillo su dove batterlo, ieri abbiamo provato i rigori. Sapevo di dover scegliere un angolo e andare potente. Avevamo studiato il loro portiere, che è uno che spinge molto ma verso il basso. Ho cercato di alzarla un pochino ed è andata bene
Poche parole ma che chiariscono la preparazione maniacale del tecnico, che ha allenato tutta la rosa all’eventualità di arrivare ai rigori (al momento della lotteria erano usciti sia Dybala che Pellegrini, due dei principali rigoristi) e, soprattutto, ha studiato nel dettaglio anche il portiere avversario, peraltro non un titolare, trasmettendo convinzione a calciatori che non sono rigoristi abituali (Zalewski era al primo rigore da professionista, a tre anni dall’ultimo tirato con la Primavera).
Non è dato sapere come andrà la sua esperienza da allenatore e se rimarrà alla Roma anche nella prossima stagione, ma di certo De Rossi ha dimostrato di poter fugare un preconcetto ancora presente nell’opinione pubblica calcistica italiana: non è presto per considerarlo un allenatore vero.
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