Saudi Cup: l’Arabia Saudita non è solo calcio

Qualche settimana fa ci siamo affacciati sul magico mondo dell’ippica. Abbiamo parlato di grandi cavalli e grandi uomini che hanno fatto e che continuano a scrivere la storia di questo sport. Ora abbiamo deciso di prendervi per mano e farvi entrare, evento dopo evento, nelle pieghe dell’universo delle corse al galoppo. Un fenomeno ormai globale che va dall’Australia agli Stati Uniti, passando ovviamente per l’Europa – dove tutto è iniziato – toccando anche il Medio Oriente.

Ed è qui che faremo la nostra prima fermata, per la precisione in Arabia Saudita.

 

Il mondo arabo nello sport

Negli ultimi decenni i petrodollari hanno stravolto il panorama socio-politico mondiale e lo sport si è accodato modificando i propri equilibri. In questi anni gli sceicchi sono entrati a gamba tesa nel calcio alla ricerca di fama, prestigio e vittorie nel mondo occidentale. Abbiamo visto approdare in Medio Oriente la Formula 1 e il Motomondiale. Senza parlare del primo mondiale di calcio in inverno in Qatar e dei mondiali di nuoto a Doha.

Dubai è diventata un centro di gravità per le multinazionali e da qualche anno è balzata agli onori della cronaca anche l’Arabia Saudita. Il calciomercato milionario, che ha portato CR7 e tanti altri campioni, è stato motivo di polemiche e discussioni. Ma per gli ippici gli sceicchi sono dei colossi con i quali fare i conti da tre decenni.

 

Chi sono gli sceicchi nell’ippica

La scuderia Godolphin che fa capo a Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum è attiva da oltre trent’anni in tutto il mondo, Inghilterra in primis, ed è una vera potenza, come del resto la scuderia Qatar Racing di Sheikh Hamad bin Abdullah al Thani e molte altre.

Ecco, questi personaggi ed altri “colleghi”, con le loro disponibilità economiche quasi infinite, hanno dato vita a corse ricchissime in Qatar, Bahrain e a Dubai, dove a fine marzo si teneva la Dubai World Cup, un tempo corsa più ricca del mondo che, a suon di dollari, attirava i migliori cavalli europei e mondiali in un momento della stagione storicamente tranquillo per il tradizionale galoppo.

 

La Saudi Cup

La morigeratezza non è certo caratteristica dell’attuale mondo arabo, così ecco approdare sulla scena ippica mondiale una nuova corsa, prestigiosa e ricchissima, che si disputa da appena quattro anni in Arabia Saudita: la Saudi Cup. Sabato 24 febbraio si è tenuta a Riyadh la corsa che, ad oggi, mette in palio il bottino più ricco, circa 20 milioni di dollari.

La prova di Gruppo 1 (il massimo livello assoluto nell’ippica) si corre sul dirt, sulla sabbia, e si disputa sui 1800 metri, una distanza ibrida che incontra sia i cavalli cosiddetti miler (specializzati sul miglio) che quelli detti intermedi che si esprimono sulla distanza del doppio chilometro. Nell’edizione appena disputata sono stati in 15 a contendersi la vittoria e il favorito della vigilia era l’americano White Abarrio, cavallo pagato appena 7500 dollari e già vincitore di quasi 5 milioni.

 

L’albo d’oro

La storia della Saudi Cup è breve visto che la prima edizione è datata 2020. Fu vinta dall’americano Maximum Security, poi squalificato per colpe del suo allenatore, condannato negli States per una vicenda legata all’utilizzo di farmaci proibiti.

L’edizione 2021 è andata al cavallo inglese Mishriff di proprietà del principe saudita Abdul Rahman bin Faisal e allenato da quel totem che risponde al nome di John Gosden. Nel 2022 è arrivata, del tutto a sorpresa, la vittoria per l’outsider Emblem Road cavallo degli Emirati Arabi Uniti che nei mesi successivi ha fatto parte anche del roster del trainer italiano, seppur di stanza in Francia, Alessandro Botti.

Il campione in carica invece era il giapponese Panthalassa, che dopo il successo ha preso la strada della pensione e adesso si gode la bella vita dello stallone.

Il vincitore del 2023 Panthalassa in un’immagine che evidenzia il fascino del dirt

 

Per un pugno di dollari

L’atmosfera al King Abdulaziz Racetrack è di quelle per le grandi occasioni, tutto sistemato alla perfezione dall’organizzazione. La sabbia sulla quale si corre è un tappeto elastico che garantisce velocità. Niente a che vedere con l’erba verde smeraldo che abbaglia lo sguardo degli spettatori.

Come in tutti paesi arabi, niente alcol e niente scommesse. Per un inglese, o comunque un occidentale, significa letteralmente soffocare.

 

La corsa

La corsa è bella, vibrante, emozionante e pure sorprendente nel suo epilogo. Con il favorito ampiamente sotto i suoi migliori standard (non esiste atleta in natura che riesca a tenere per molto tempo il suo picco di forma e qui sta alla bravura dell’allenatore), la retta ha visto la prorompente galoppata del nipponico Ushba Tesoro, vincitore nel 2023 della Dubai World Cup, involato ancora una volta verso un milionario successo. Ma questi non aveva fatto i conti con l’outsider Senor Buscador che dalle retrovie ha messo il turbo grazie all’interpretazione del suo fantino venezuelano Junior Alvarado, perfetto nel mettere il famigerato corto muso davanti all’avversario. Al terzo posto Saudi Crown e soltanto decimo White Abarrio, una posizione che vale comunque duecentomila dollari.

La storia del vincitore è particolare. Pochi giorni prima della corsa è stato parzialmente acquistato da Sharaf Mohammed S Al Hariri, che sperava di realizzare il proprio sogno. Il cavallo ha corso in comproprietà con i suoi allevatori, i signori Joe Peacock padre e figlio, ed è stato l’ultima loro creazione dopo 55 anni di attività allevatoria della famiglia.

Senor Buscador vince di corto muso e si assicura la Saudi Cup, la corsa più ricca dell’ippica odierna

 

L’aneddoto

Non varrà la carriera di uno dei suoi proprietari, quel Sir Alex Ferguson che ha dominato il calcio mondiale con il suo Manchester United, ma nella serata di Riyadh è arrivata anche la vittoria del suo Spirit Dancer, un lottatore che non molla fino all’ultimo metro, che non molla finché non vince. Per caso vi ricorda qualcuno?

Sir Alex, dopo aver allevato Giggs, Beckham, Scholes e i fratelli Neville, ha fatto la stessa cosa con i cavalli da corsa, plasmando campioni sia in ostacoli che in piano.

Ha creduto in Frankel quando ancora non era lo stallone di oggi e proprio da quella fiducia arriva Spirit Dancer, che sabato ha attirato su di sé, ancora una volta, le attenzioni nella giornata più importante, vincendo a sorpresa il Howden Neom Turf Cup, Gruppo 2. Un premio da due milioni di dollari arrivato grazie ad un imparabile volo esterno architettato da Oisin Orr, che ha esaltato la potenza del cavallo allenato da Richard Fahey.

Questa vittoria fa il paio con quella di novembre nel Bahrain International Trophy. Adesso la bussola è puntata verso un altro appuntamento clou, il meeting della Dubai World Cup, per regalare un altro sogno al grande Sir, rosso di felicità subito dopo il palo d’arrivo proprio come quando, nella notte di Barcellona, alzava al cielo la coppa dalle grandi orecchie.

Spirit Dancer, il cavallo dei signori Done e Mason e, soprattutto, di Sir Alex Ferguson, a caccia di successi anche nell’ippica

 

Un tocco d’italianità

Due chicche italiane nella serata. La prima riguarda il fantino Cristian Demuro, che ha aperto il convegno con una pennellata delle sue in sella ad Aljamaanee.

La seconda, invece, per il cavallo italiano Giavellotto, ottimo terzo nella prova per fondisti vinta dall’irlandese Tower Of London grazie ad una monta superba del suo jockey Ryan Moore, forse ad oggi il miglior fantino al mondo.

Cristian Demuro in sella a Aljamaanee, vincitori in apertura di convegno

 

Un nuovo centro di gravità

Gli sceicchi hanno sostenuto ingenti investimenti per posizionarsi nei periodi vuoti del calendario mondiale. Tuttavia, nonostante borse ricchissime, non sono ancora riusciti a far partecipare in massa i cavalli migliori del mondo, che in questo periodo svernano in attesa degli impegni di primavera tra Francia, Inghilterra e Irlanda, il triumvirato del galoppo mondiale.

Gli Stati Uniti, con la Breeders Cup, sono riusciti a scardinare un po’ la tradizione ma c’è voluto tempo, dato che la prima edizione risale addirittura al 1984. Ed è proprio il tempo ciò che servirà anche ai paesi mediorientali, esattamente come capitato a Dubai, dove nel 1995 è stata creata quella che è stata per anni la corsa più ricca.

Il fatto di correre sulla sabbia inoltre non è una componente secondaria perché, non dimentichiamolo, il galoppo nasce e si sviluppa sul turf, l’erba. Per tradizione ed evoluzione, i cavalli europei non hanno l’attitudine al dirt, ragion per cui la Saudi Cup si riduce spesso ad una sfida a forte tinte americane e giapponesi.

La sensazione è che, esattamente come sta accadendo nel calcio e per quanto i petrodollari facciano gola , anche l’ippica sia destinata a rimanere, quantomeno nei prossimi anni, ancorata alle tradizioni, con il fascino delle corse europee che dominerà ancora a lungo.

 

La tradizione non si compra

Emiri, sceicchi, principi e Stati stanno provando a stravolgere il panorama sportivo mondiale, ippica compresa. Nonostante le valanghe di dollari, nulla potrà valere, in termini di prestigio, quanto un meeting come il Royal Ascotl’Arc De Triomph o quello imminente di Cheltenham per gli ostacolisti.

Nell’ippica si sogna di vincere l’Arc e la King George o la Gold Cup perché solo così si entra nei libri di storia. Proprio come trionfare a Montecarlo o al Mugello, a Wimbledon o al Madison Square Garden, un successo nei salotti buoni della storia dell’ippica avrà sempre un sapore più dolce. Gli sceicchi dovranno farsene una ragione.

 


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catenaccio

Di Matteo Pinzauti

Laureato in Scienze Motorie e giornalista presso EquTv emittente ippica e speaker all’ippodromo di Livorno. Già Preparatore atletico nelle giovanili del Pisa Sporting Club e personal trainer, sono un grande appassionato di sport e mi piace raccontarne le storie.