Lo scorso 4 maggio il Napoli ha conquistato il terzo scudetto nella propria storia, con ben 5 giornate di anticipo. Un campionato dominato dall’inizio alla fine, un titolo strameritato. L’allenatore dei partenopei Luciano Spalletti è diventato a 64 anni il tecnico più anziano a vincere la Serie A. Il mister toscano non vinceva un campionato dalla stagione 2011-2012. Allora si trattava della Premier Liga Russa e dello Zenit San Pietroburgo, anche per loro era il terzo titolo nella propria storia.
Dal campo alle aule di giustizia
Il Napoli, invece, non vinceva lo scudetto dalla stagione 1989-90. Erano passati mille giorni dall’altro scudetto, il primo, quello della stagione 1986-87. Abituarsi a vincere non è affatto facile, il rischio è quello di avventurarsi in spese folli per giocatori non all’altezza. Il pubblico diventa sempre più numeroso ed esigente, le pressioni, per chi scende in campo, sono sempre maggiori.
Il Napoli di Ottavio Bianchi, quello del primo tricolore, era invece riuscito a mantenere l’asticella alta. La vittoria del titolo aveva aperto ai partenopei le porte dell’Europa con la partecipazione alla Coppa dei Campioni ed aveva creato le migliori premesse per una riconferma anche in Italia. Una stagione che doveva andare in un modo e che, per un motivo o per l’altro, non andò così.
Per raccontare questa storia dobbiamo uscire per un attimo dal rettangolo verde e spostarci in un palazzo di giustizia, la prima sezione penale del tribunale di Roma. Perché questa non è soltanto una storia di calcio.
Tra i banchi degli imputati siede un’ex guardia giurata che si chiama Pietro Pugliese. L’uomo è accusato di essere un trafficante di droga. È stato un camorrista e la magistratura lo ritiene inizialmente un personaggio poco attendibile.
La valutazione nei suoi confronti cambia però radicalmente quando comincia a rivelare importanti retroscena sulla faida di Villaricca, che ha portato all’omicidio del commerciante Pasquale Cacciapuoti. Grazie alla sua deposizione, vengono effettuati 15 arresti. Pugliese dice anche di aver commesso cinque omicidi per conto della camorra. Il pentito continua a vuotare il sacco e a rilasciare clamorose deposizioni. Parla dell’organizzazione criminale, di un traffico di droga, di Diego Armando Maradona e persino di uno scudetto, quello della stagione 1987-88, che sarebbe stato venduto da alcuni giocatori alla camorra.
Primo titolo e gioia irrefrenabile
Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Romano, De Napoli, Giordano, Maradona, Carnevale. La formazione titolare del Napoli del 1986-87 significa molto per tutti i tifosi partenopei. La imparano quasi come fosse una filastrocca da diffondere e tramandare per generazioni. È il 10 maggio 1987 quando, dopo un pareggio per 1-1 contro la Fiorentina, il Napoli si laurea campione d’Italia per la prima volta nella sua storia.
Alcuni temono che la felicità sia un bene molto lontano, quasi irraggiungibile, motivo per cui corrono a più non posso nella speranza di avvicinarla, senza mai rendersi conto che più corrono e più se ne allontanano.
Lo afferma Luciano De Crescenzo, ambasciatore di Napoli nel mondo, nella sua opera “Il tempo e la felicità”. Riguardo al tempo e alla felicità, viene da pensare che il 10 maggio sia proprio una data memorabile per la storia di Napoli. Nel 1734, 253 anni prima di quello scudetto, sempre il 10 maggio il 18enne Carlo di Borbone rende il Regno di Napoli uno stato indipendente, trasformando la città in tutti i suoi aspetti e rendendola moderna. Il 10 maggio 2006, invece, 19 anni dopo quello scudetto, il partenopeo Giorgio Napolitano viene eletto Presidente della Repubblica.
Il 10 maggio 1987, il giorno di Napoli-Fiorentina, è una data storica non soltanto per il primo scudetto della storia del Napoli ma anche per un’altra prima volta, perché allo stadio San Paolo per la Fiorentina va a segno per la prima volta in Serie A il giovane Roberto Baggio, con un calcio di punizione ad effetto che batte Garella.
Ciò che accade dopo il triplice fischio è qualcosa di indescrivibile. È la festa di un’intera città, l’affermazione del sud contro il nord, negli anni in cui una vittoria del sud contro il nord sembrava impossibile. Lo scudetto è il prodotto finale di una stagione storica segnata, diremmo oggi, da un “doblete” perché la squadra partenopea, un mese dopo quel 10 maggio, si aggiudicherà anche la Coppa Italia. Al sud uno scudetto non si vince tutti i giorni, soprattutto a Napoli.
Il servizio di 90° Minuto sul primo scudetto del Napoli
L’avvento di Maradona
Quando Diego Armando Maradona arriva a Napoli è il 5 luglio 1984, alla presenza di oltre 70mila persone allo Stadio San Paolo giura fedeltà alla sua prossima squadra.
Buonasera napoletani, sono molto felice di essere con voi.
La città è in festa già da una settimana ed esplode in un grido liberatorio alle prime parole di Diego. Chi ha la fortuna di essere presente, si accorge subito che esisterà un prima e un dopo quella giornata. In precedenza c’era stata un’attesa spasmodica durata quasi un mese per sbloccare una trattativa complicata, all’apparenza impossibile, conclusa poi con l’offerta di 13 miliardi e mezzo di lire da parte del presidente del Napoli Corrado Ferlaino.
L’arrivo di Diego Armando Maradona sotto l’ombra del Vesuvio è un evento che cambia per sempre la città partenopea. Non è dunque un caso che negli angoli delle strade e per i vicoli di Napoli, l’immagine di Maradona sia così spesso accostata all’iconografia religiosa. Per il capoluogo campano si tratta di un mezzo di rivalsa, perché le squadre del nord di scudetti ne vincono tanti, ma il giocatore più forte di tutti i tempi non ha mai vestito la loro maglia.
L’estate del 1984 è una stagione d’oro per il calcio italiano, la Serie A si riempie di talenti provenienti da tutta Europa. L’Inter acquista l’attaccante del Bayern Monaco Karl Heinz Rummenigge, il Milan punta sugli inglesi Hateley e Wilkins, mentre la Juventus può già contare sul fuoriclasse Michel Platini. Si rinforzano anche molte altre squadre, con i brasiliani Socrates e Junior che si accasano rispettivamente a Fiorentina e Torino, con lo svedese Glenn Strömberg prelevato dall’Atalanta e con il danese Preben Elkjær Larsen, invocato dai suoi futuri tifosi come sindaco, acquistato dal Verona.
Alla fine della stagione sarà proprio il Verona a primeggiare, conquistando il primo e sin ad oggi unico scudetto della propria storia. Il Napoli chiude ottavo ma l’impatto di Maradona sulla serie A è entusiasmante. Segna 14 reti in campionato ma soprattutto raccoglie da trascinatore l’orgoglio di una città intera, con 77mila spettatori che in media seguono le gare casalinghe del Napoli al San Paolo.
Un’immagine iconica: Maradona arriva per la presentazione in un San Paolo gremito
Un gradino alla volta
Al termine del campionato successivo gli azzurri chiudono terzi ma nell’aria si comincia a respirare qualcosa di diverso e il cielo comincia a tingersi di azzurro. È la nona giornata di campionato quando il Napoli batte la Juventus per 1-0, la squadra che alla fine dell’anno si aggiudicherà il titolo. Sono passati 28 minuti nella ripresa quando Maradona realizza un gol che entra nella storia. Un calcio di punizione indiretto da dentro l’area, di quelli che oggi non si vedono più, praticamente senza spazio per tirare in porta.
Maradona lo dice: se dovesse immaginare un colore per disegnare quel gol sceglierebbe l’azzurro, che è il colore della sua Argentina, dello stemma della dinastia dei Borbone, il colore del golfo di Napoli in quel punto dove l’azzurro del cielo e quello del mare si mescolano, dove le sfumature si uniscono dando vita ad un incredibile effetto ottico.
Per la terza stagione di Diego all’ombra del Vesuvio la società compie sforzi importanti durante la sessione estiva di calciomercato. I partenopei acquistano il centrocampista De Napoli dall’Avellino per 5,8 miliardi e l’attaccante Carnevale dall’Udinese per 4. L’allenatore è sempre Ottavio Bianchi, che con la maglia del Napoli, da calciatore, ha realizzato 109 presenze: è stato mandato via dallo stesso presidente Ferlaino da giocatore ed è stato richiamato da tecnico 14 anni dopo.
Maradona di lui dice: “Bianchi ride se siamo tutti seri, fa il serio se ridiamo tutti”. Un uomo schivo, di poche parole, dal temperamento per certi versi glaciale. Di freddezza ne serve tanta per gestire quello che rappresenta il calcio a Napoli. Uno sport che è intriso nel tessuto sociale della città, che lotta, festeggia, si rammarica, vince e perde insieme alla sua squadra.
L’incredibile punizione a due di Maradona raccontata dai protagonisti
Diego: dal Mondiale allo Scudetto
Alla stagione 1986-87 Diego Armando Maradona arriva da campione del mondo in carica. Nel mondiale di Messico ’86 è capace di compiere cose inenarrabili per portare l’Argentina al trionfo. In occasione dei quarti di finale l’albiceleste sfida l’Inghilterra, nel giro di quattro minuti Diego mette prima in rete con la mano il gol dell’1-0, ma l’arbitro non vede e convalida il gol. Poi arrivano invece i famosi 11 tocchi: Diego percorre circa 60 metri palla al piede in 10 secondi, scavalca anche il gigante Shilton e deposita in rete il 2-0, un’azione che nel 2002 sarà premiata come “Il gol del secolo”.
Riguardo alla prima rete, nella conferenza stampa post-gara, Diego afferma che quel pallone è entrato un po’ grazie alla testa di Maradona e un po’ grazie alla mano di Dio. Il celebre regista Paolo Sorrentino ha dedicato il titolo di un suo film a quella rete tanto straordinaria quanto maledetta. Un gol che poteva essere segnato solo da un genio del calcio, in una partita dalle forti tensioni sociali a causa del conflitto per il controllo delle isole Falkland, o Malvinas, del 1982.
Secondo gli inglesi, il torto subito da Maradona è un vero e proprio inganno, quasi un’umiliazione. Per Diego rappresenta invece una roboante consacrazione in campo, per le sue doti da fuoriclasse, ma anche fuori dal rettangolo verde nel suo essere personaggio così divisivo.
Immaginate allora che cosa voglia dire, per la città di Napoli, poter contare su una presenza del genere. In un’intervista, ne parla proprio lo stesso Paolo Sorrentino
Maradona si può solamente comprendere attraverso il rapporto con il divino… non è arrivato a Napoli, è apparso.
Il gol del secolo con la leggendaria telecronaca di Victor Hugo Morales
Consacrazione
Le doti tecniche di Maradona si combinano con una abilità pressoché unica nel trascinare la folla.
Ci si rende conto che la stagione 1986-87 sta andando nella direzione giusta dopo che il Napoli espugna il Comunale di Torino e sconfigge la Juventus, superandola in classifica, in occasione della nona giornata. Una partita che è rimasta nel cuore di molti tifosi partenopei.
La squadra di Bianchi fa ovviamente affidamento alla classe smisurata di Maradona ma anche ad alcuni eccellenti comprimari che forniscono un grande contributo. In difesa, Bruscolotti si dimostra essere un autentico guerriero. A centrocampo emergono le qualità di Bagni in fase di interdizione, mentre in attacco lo stesso Maradona è ben supportato dalle giocate di Giordano e Carnevale. Gli scugnizzi più giovani apprezzano invece la grinta messa in campo da un conterraneo emergente che farà parlare di sé, Ciro Ferrara.
Il Napoli chiude il girone d’andata in testa e comincia bene quello di ritorno, prima di incappare in una serie negativa che agevola la rimonta dell’Inter. Quando mancano tre giornate al termine del campionato, i punti di vantaggio dei meneghini sul Napoli sono soltanto due. Gli azzurri possono esultare quando l’Inter di Trapattoni viene sconfitta in casa dell’Ascoli, in lotta per la salvezza. Alla compagine di Bianchi basta un pareggio interno con la Fiorentina. Quello che arriva, per 1-1, il 10 maggio 1987. Come si usa dire dalle parti del golfo, ‘na sera ‘e maggio.
La festa al San Paolo in quel magico 10 maggio
Post scudetto
La Serie A 1987-88, la stagione di riferimento della nostra storia, per la terza volta la Roma ritrova in panchina il Barone Nils Liedholm e punta sull’attaccante Rudi Völler, proveniente dal Werder Brema. L’Inter preleva il belga Scifo dall’Anderlecht, mentre la Sampdoria si affida con decisione alla coppia di talenti Vialli-Mancini. Il colpo dell’estate, sulla carta, lo piazza la Juventus portando a Torino il centravanti Ian Rush, proveniente dal Liverpool.
La squadra che cambia più di tutti, però, è il Milan. La panchina rossonera viene affidata ad un esordiente assoluto nella massima serie, Arrigo Sacchi, al quale vengono messi a disposizione i nuovi acquisti olandesi Gullit e van Basten.
A Napoli c’è ancora posto per sognare. Dopo lo scudetto e i festeggiamenti c’è bisogno di qualcosa di speciale. Ecco allora che l’attacco azzurro viene, a partire da quell’estate, scandito da un acronimo. Ma-Gi-Ca. Ma- sta ovviamente per Maradona, Gi- per Giordano, Ca- potrebbe stare per Carnevale che è stato confermato, ma per fare il titolare Ferlaino ha pensato a un brasiliano del San Paolo, che all’anagrafe sarebbe Antonio de Oliveira Filho.
In tre parole, scrive di lui Gianni Mura, è umile, simpatico e altruista. E forse lo è sempre stato, altrimenti non si spiegherebbe perché la madre e la zia, quando devono dargli un soprannome, decidono di prendere spunto da un clown brasiliano che si chiama Carequinha. Da qui il nome di Careca. Antonio Careca, probabilmente il secondo giocatore più forte ad aver mai vestito la maglia del Napoli.
La Ma-Gi-Ca, il tridente che ha infiammato i sogni partenopei
Addio Coppa dei Campioni, rullo compressore in campionato
L’impatto con l’Europa è però brusco per la squadra di Bianchi. Nella Coppa dei Campioni arriva infatti l’eliminazione per mano del Real Madrid, decisivo il 2-0 in favore delle merengues nel match di andata giocatosi in Spagna.
In Serie A, invece, le prime giornate sembrano mostrare lo stesso film che si è visto l’anno precedente. Per gli azzurri arrivano cinque vittorie in altrettante partite, con 12 gol messi a segno e una sola rete subita. Le stelle sono sempre loro. Neanche a dirlo, Maradona, anche se non al top della condizione, e poi Giordano, Careca, Carnevale, Bagni.
L’unica avversaria che sembra capace di tenere il passo è la Sampdoria, le due squadre si incontrano nell’ultima giornata di andata su un campo pesantissimo, quello di Genova, reso quasi impraticabile per la grande quantità di pioggia che si abbatte sul capoluogo ligure. Quel tipo di gara si vince solo se dalla tua parte hai un campione in grado di decidere la sfida con un colpo di genio, così come Maradona fa al minuto 87.
Colpaccio targato Maradona nel pantano del Marassi
Tracollo inaspettato
La corsa del Napoli procede senza sosta, quando mancano cinque giornate al termine del campionato i partenopei conducono di quattro lunghezze sul Milan di Sacchi. È solo a questo punto che accade qualcosa di clamoroso: i rossoneri recuperano subito due punti perché il Napoli esce sconfitto dalla gara contro la Juventus, arrivando addirittura a -1 nella giornata successiva, nella quale gli azzurri sono fermati sul pari a Verona.
Lo scontro diretto si tiene il primo maggio 1988. Non si può parlare di spareggio scudetto solo per un vizio di forma, ma di questo si tratta. Alla vigilia del match, Maradona suona la carica come solo lui sa fare. In un San Paolo gremito in ogni ordine di posto, il Milan di Sacchi tira fuori una grande prestazione, mentre al Napoli sembra mancare qualcosa. Gli azzurri appaiono sulle gambe, quasi a corto di fiato.
Ad aprire le marcature è il rossonero Virdis al 36′, approfittando di una deviazione della difesa partenopea sugli sviluppi di un calcio di punizione. Dieci minuti più tardi, quando il primo tempo sta per volgere al termine, è un altro calcio di punizione a riportare la sfida in parità. Un altro incredibile centro da parte di Maradona che mette il pallone sotto al sette, una conclusione impossibile da raggiungere per il portiere Galli. Ma con l’avanzare dei minuti si capisce che il Milan ha una marcia in più.
Al 68′ i rossoneri si riportano avanti con la doppietta di Virdis sfruttando uno splendido assist di Gullit. Lo stesso Simba, soprannome inventato da Gianni Brera per richiamare la folta capigliatura simile alla criniera di un leone, si renderà protagonista di un’altra giocata di grande classe al 76′, una progressione che taglia la difesa del Napoli ed un passaggio morbido al centro, dove van Basten sigla la rete dell’1-3. Due minuti più tardi il gol del definitivo 2-3, un colpo di testa di Careca che al Napoli non basta.
Il Milan di Sacchi ha compiuto il sorpasso, in una gara che risulta decisiva per le sorti del campionato. Al Milan basteranno due pareggi contro Juventus e Como, a fronte di altre due nuove sconfitte napoletane, per festeggiare l’undicesimo tricolore. Nove anni dopo il precedente, quello della stella, il primo scudetto per Arrigo Sacchi, l’idea più rivoluzionaria del nuovo patron del Milan, Silvio Berlusconi.
Il Napoli abdica al cospetto del Milan di Sacchi, corsaro al San Paolo
Le ombre
Abbiamo lasciato la prima sezione penale del tribunale di Roma con alcune rivelazioni clamorose su quel finale di campionato, rilasciate agli inquirenti dal pentito Pietro Pugliese.
Secondo l’ex guardia giurata, alcuni camorristi hanno sostanzialmente obbligato Maradona e compagni a perdere il torneo. Per l’organizzazione mafiosa che gestiva il totonero, ovvero il giro delle scommesse clandestine, un nuovo successo del Napoli avrebbe infatti significato un salasso dal punto di vista economico, specie dopo il grande esborso che la camorra aveva dovuto sostenere in occasione dello scudetto azzurro dell’anno precedente.
Nel 1991 Maradona sarebbe stato trovato positivo alla cocaina al termine di una partita, evento spartiacque che avrebbe decretato l’inizio del suo declino. Secondo Pugliese, El Pibe de Oro non sarebbe l’unico colpevole. Già a cavallo tra 1987 e 1988 i suoi rapporti con la camorra sarebbero stati molto intensi per via del consumo di cocaina.
Pugliese avvalora la sua tesi sostenendo che l’infortunio di Maradona alla penultima giornata, persa dal Napoli per 3-2 contro la Fiorentina, sarebbe stato un espediente per assicurarsi la mancata vittoria del titolo da parte degli azzurri. Lo stesso Maradona avrebbe poi festeggiato insieme a Ferrara e ad alcuni camorristi in un night club quella stessa sera.
Nel corso degli anni, alcuni giornalisti hanno provato a fare luce sulla questione con i diretti interessati. I giocatori spiegano il loro tracollo come una clamorosa flessione dal punto di vista fisico, unita ad un’atmosfera tesissima all’interno dello spogliatoio. La débâcle sarebbe infatti frutto di un rapporto ai minimi termini tra l’allenatore Bianchi e quattro componenti della rosa: Garella, Bagni, Ferrario e Giordano. I ribelli di maggio. Coloro che più di tutti fungono da bersaglio di critiche da parte della tifoseria.
Per la stagione successiva il presidente Ferlaino decide di confermare Bianchi e di epurare dalla rosa i quattro iniziatori della rivolta. Le dichiarazioni di Pugliese, un personaggio ambiguo di cui non si sentirà più parlare, non troveranno mai definitive conferme nelle aule di tribunale. Troveranno riscontro parziale attraverso gli interventi di altre personalità, l’autore di Gomorra Roberto Saviano su tutti, alimentando le ombre su quel finale di campionato.
La città mormora ancora, a distanza di più di 30 anni, per quello scudetto.
L’icona di Diego a vegliare sul terzo tricolore del Napoli
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