No signori, non ci troviamo nella Londra del XIX secolo. E non siamo nemmeno alla presenza di uno degli avvocati più famosi della City, il celeberrimo Mister Utterson. Molto più prosaicamente ci troviamo nel campionato di Serie A. I protagonisti sono due fratelli, così agli antipodi da farci pensare ad una nemesi l’uno dell’altro. Filippo e Simone Inzaghi hanno avuto (ed hanno tuttora) due storie e due destini completamente opposti.
Filippo Inzaghi calciatore
Pippo Inzaghi, dopo gli esordi in Serie A col Parma, segna 24 gol nell’Atalanta al suo secondo anno nella massima serie. Prosegue poi la carriera con Juventus e Milan, vincendo praticamente di tutto.
Il palmarès del maggiore dei fratelli Inzaghi è abbacinante: 3 scudetti, 3 Supercoppe Italiane, 1 Coppa Italia, 1 Coppa Intertoto, 2 Champions League, 2 Supercoppe Europee, 1 Coppa del Mondo per Club e, ovviamente, 1 Campionato del Mondo per Nazioni FIFA. Il tutto condito da 17 stagioni consecutive in Serie A in cui ha totalizzato 372 presenze e 157 gol. Come se non bastasse, conta 57 presenze e 25 gol con la Nazionale e 112 presenze e 69 gol nelle coppe europee.
Filippo era l’epitome del centravanti d’area di rigore, un finalizzatore implacabile. Poteva e sapeva segnare in qualsiasi modo, con qualsiasi parte del corpo (chi ricorda la finale di Champions League contro il Liverpool del 2007?). Perennemente affamato di gol e di vittorie, era letteralmente il terrore di ogni difensore. Capace di scomparire e riapparire sul filo del fuorigioco per insaccare in rete palloni provenienti da ogni parte del campo. Un incubo del rettangolo verde.
L’iconica esultanza di Pippo Inzaghi
Simone Inzaghi calciatore
Diversamente Simone, pur avendo avuto una carriera da calciatore di tutto rispetto iniziata a Piacenza e proseguita tra Lazio, Sampdoria e Atalanta in Serie A, non ha mai nemmeno lontanamente imitato le performance del fratello. Solo 187 le presenze in massima serie, condite da 43 gol (e solo in una stagione, la prima col Piacenza, è riuscito a superare la doppia cifra). In Nazionale può invece vantare soltanto 3 presenze. Il palmarès è impietoso rispetto a quello del fratello maggiore: 1 scudetto con la Lazio, 3 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane e 1 Supercoppa Europea. Ma mai da vero protagonista né incidendo sui risultati.
Centravanti più tecnico, probabilmente più abile spalle alla porta del fratello maggiore, in grado di far valere i suoi 185 cm sulle palle alte anche se meno incisivo negli ultimi 15 metri del campo. Le carriere calcistiche dei due fratelli lasciavano pensare a due rette divergenti. Tanto brillante e ricca di successi di squadra e personali per Filippo, quanto all’ombra di quella del fratello quella di Simone.
Ma come nel celebre romanzo di Stevenson, c’è qualcosa che stravolge le carte in tavola, qualcosa che cambia tutto. Fortunatamente in questo caso non si tratta tanto di una pozione, quanto di “percezione”. Mentre Filippo non riesce a smettere di giocare, protraendo la propria presenza al Milan fino al 2012 alla soglia dei 40 anni, forse incapace di vedere fino in fondo il proprio futuro lontano dai campi da gioco con addosso calzoncini e maglietta, Simone ha probabilmente più consapevolezza di sé e delle sue capacità e già nel 2010 appende le scarpette al chiodo decidendo di studiare per diventare allenatore.
Simone Inzaghi in maglia Piacenza agli inizi della carriera
Turning point
In geometria si chiamano rette divergenti. Semplificando, sono quelle rette la cui distanza tra loro aumenta a partire da un certo punto, detto di incidenza. Il 2014-15 è il punto di incidenza.
Nell’eco dei ricordi che aveva lasciato da giocatore, la carriera da allenatore per Pippo inizia sotto grandi auspici e aspettative. Nel 2014 approda in Serie A nientemeno che al Milan. È rimasto nella famiglia rossonera dopo l’addio al calcio giocato, allenando Allievi e Primavera. Nella stagione 2014-15 gli viene affidata la panchina della prima squadra, reduce da un deludente campionato concluso all’8° posto e da due cambi di allenatore.
L’hype intorno alla sua figura e alla sua presenza era altissimo. Tutti si chiedevano se anche da allenatore avrebbe vinto tutto ciò che aveva conquistato da giocatore. Quanto avrebbero inciso il suo carisma e la sua fame su una squadra così in crisi. Purtroppo la stagione di Pippo al Milan fu un autentico disastro. Decimo posto in campionato, fuori quasi subito dalla Coppa Italia ed esonero a fine anno.
Simone, al contrario, si consacra come allenatore emergente bissando la Coppa Italia Primavera con la Lazio. Perde la finale del campionato Primavera solo ai calci di rigore, vincendo però la Supercoppa. Certo, c’è molta meno pressione ma il giovane allenatore ha studiato e bene. Il suo calcio inizia ad avere dei tratti distintivi e presto tutti se ne accorgeranno.
Il breve regno di Pippo come allenatore del Milan
2016/17: il tentativo di rinascita di Pippo
Pippo è costretto a rimanere fermo un anno, intrappolato dal contratto biennale stipulato col Milan. Riparte dalla Lega Pro col Venezia nel 2016 mentre al fratello Simone viene affidata un po’ a sorpresa la panchina della Lazio.
Pippo vince il campionato di Lega Pro, tornando a infondere entusiasmo in tutti quelli che non aspettavano altro che una sua consacrazione anche come tecnico. Simone, dal canto suo, sorprende tutti raffreddando le esaltazioni per le performance del più famoso fratello con un clamoroso 5° posto in Serie A e imbeccando gli addetti ai lavori in una ficcante e nuova dicotomia tra lui e il più titolato fratello.
L’anno successivo Pippo ha nuovamente gli occhi puntati addosso, la Serie B può migliorarlo ulteriormente come allenatore, facendogli fare quella gavetta che il debutto lampo al Milan non gli aveva permesso di fare. Il suo Venezia arriva 5° ed esce col Palermo in semifinale play-off dopo tanti complimenti. Ma il fratellino fa ancora meglio: al secondo anno sulla panchina della Lazio arriva nuovamente 5° e qualifica ancora la squadra all’Europa League. Il suo nome inizia ad essere sulla bocca di tutti e molte squadre in giro per l’Europa cominciano ad interessarsi al giovanissimo allenatore dei biancocelesti.
2018: una rovinosa caduta
Il 2018 è l’anno del ritorno di Pippo in serie A e del primo confronto diretto tra i fratelli. Il Bologna gli affida la panchina ma i risultati sono disastrosi e a gennaio, dopo sole 2 vittorie in 21 gare, complice anche la sconfitta nel derby di famiglia contro la Lazio in casa per 2-0, viene esonerato. Simone finisce la stagione all’8° posto (la peggiore della sua carriera da allenatore), ma vince la Coppa Italia battendo in finale l’Atalanta. Inzaghi Jr. è il giovane allenatore più di tendenza in Italia.
Simone Inzaghi con la Lazio vince la Coppa Italia
Le performance in panchina dei due fratelli sono sempre più divergenti. Le loro carriere da allenatori stravolgono completamente ciò che era la percezione degli Inzaghi sul campo da calcio. Sembra quasi che il carisma e l’aura di Pippo giochino a suo sfavore quando si tratta di “comunicare” con i propri giocatori. Al contrario Simone pare quasi infondere serenità alla propria squadra. Dà letteralmente l’idea di essere “uno di loro” e non il “totem che ha vinto tutto“.
Il COVID-19 e la speranza di Pippo di tornare in auge
Nemmeno il COVID-19 riesce a invertire una tendenza sempre più cupa e sinistra per Pippo. Il 2019-20 è infatti l’anno dei campionati interrotti. Fino allo stop per mettere in atto le dovute contromisure atte a limitare la diffusione del virus, la Lazio di Simone Inzaghi sembra l’unica rivale della Juventus schiacciasassi, mentre Pippo in Serie B col Benevento sta letteralmente ammazzando il campionato e si prepara a tornare in Serie A da protagonista. La stagione si concluderà appunto col ritorno di Pippo in massima serie, mentre Simone conclude al 4° posto e qualifica la Lazio ai preliminari di Champions League.
La carriera da mister di Pippo pare sia avvolta da una sorta di alone beffardo: tutti i tentativi di riguadagnarsi un posto al sole vengono ogni volta brutalmente oscurati da quanto il fratellino è in grado di mettere in pratica.
Il 2020-21 poi è veramente antitetico per i due fratelli, con Pippo alla seconda esperienza in serie A col Benevento che conclude la stagione al 18° posto e retrocede in serie B, mentre Simone arriva 6° e porta la Lazio agli ottavi di finale di Champions League, un traguardo che mancava addirittura da vent’anni. La carriera di Simone da allenatore è definitivamente decollata, mentre Pippo, malinconicamente, passa la sua esistenza da tecnico all’ombra di quel fratello che, appunto venti anni prima, era considerato solo “il fratello meno bravo degli Inzaghi”.
Pippo sulla panchina del Benevento
Ed oggi?
Oggi il trend non sembra volerne sapere di invertirsi. Addirittura nel corso della stagione 2023/24 Simone, che nel frattempo da tre stagioni è passato sulla panchina dell’Inter, sta volando in campionato al primo posto solitario con 9 punti di vantaggio (e una partita da recuperare) sulla Juventus. A Gennaio la sua Inter ha vinto la Supercoppa Italiana con pieno merito. Pippo, al contrario, ha vissuto la sua prima esperienza da allenatore subentrante. La Salernitana decide di affidargli la panchina per sostituire l’esonerato Paulo Sousa ad ottobre, ma la sua permanenza in Campania è durata solo pochi mesi. A febbraio 2024 è stato infatti a sua volta sollevato dall’incarico a fronte di 2 sole vittorie in 16 partite e un desolante ultimo posto in classifica.
La vittoria in Supercoppa dell’Inter
Dottor Filippo e Mister Simone
A questo punto delle carriere dei due Inzaghi, si può tirare in ballo il vecchio adagio secondo cui “un grande giocatore non è necessariamente anche un grande allenatore“. Probabilmente Pippo ha pagato lo scotto di essere buttato in mezzo ai lupi alla prima esperienza in panchina. Un contesto, quello del Milan di 10 anni fa, in completo subbuglio e senza vere gerarchie. In un ambiente del genere non è facile lavorare, figurarsi per uno alla prima esperienza.
Poi però gli alibi finiscono e subentrano le capacità. Da quel momento in poi le sue stagioni da tecnico sono state positive solo in contesti poco competitivi. Contesti in cui anche solo il suo carisma ha permesso di portare a casa dei risultati. Situazione che lo accomuna ad altri ex calciatori (curiosamente tutti campioni del mondo) come Gattuso, Grosso, Pirlo e Cannavaro.
Viceversa Simone si è presentato sul massimo palcoscenico con la giusta preparazione e la giusta gavetta nelle giovanili. Il contesto Lazio non è necessariamente più tranquillo di quello milanese ma con la sua preparazione e le sue capacità ha saputo valorizzare al massimo quanto gli veniva messo a disposizione.
Anche a livello comunicativo è cresciuto tantissimo. Se si pensa alle dichiarazioni post partita dei tempi della Lazio e le paragoniamo alle odierne, è evidente un notevole miglioramento. Segno questo di grande maturità e di continua volontà di lavorare e migliorare i propri difetti. Non a caso, l’Inter ha deciso di puntare forte su di lui. E i risultati non sono certo deludenti.
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