Boca-River, la finale eterna

Sin dalle sue origini il Superclasico è sempre stata una delle partite con più seguito al mondo, dietro solo alle finali mondiali ed europee. Nel 2018 la Copa Libertadores è divenuta il palcoscenico per la storica sfida tra i due club argentini, che si scontrarono in finale per la prima volta dopo 100 anni di rivalità.

Dopo l’andata disputata alla Bombonera, i disordini avvenuti all’esterno del Monumental in occasione della finale di ritorno costrinsero la CONMEBOL a designare il Santiago Bernabeu come campo da neutro su cui far fronteggiare River e Boca.

 

Genesi di una rivalità

“I messicani discendono dagli aztechi, i peruviani dagli incas e gli argentini dalle navi”. Questo detto circola da anni in America Latina e rende bene l’idea sul ruolo fondamentale che l’immigrazione ha svolto per l’Argentina nel corso della sua storia.

A sud di Buenos Aires è presente il barrio La Boca, che deve il suo nome al fatto di sorgere sulla foce (boca, in spagnolo) del Riachuelo, affluente di destra del Rio de la Plata che molto spesso infligge inondazioni ai quartieri più esposti. Quest’ampia parte della capitale argentina fu fortemente influenzata dalla cultura italiana (in particolar modo da quella ligure) grazie alla massiccia immigrazione proveniente dall’Italia tra ‘800 e ‘900, con gli italiani che fecero del pittoresco quartiere argentino la propria dimora. Proprio qui nacquero River Plate e Boca Juniors: i primi, nel 1901, grazie alla fusione tra i due club Rosales e Santa Rosa, quest’ultimo composto da giovani genovesi. I secondi poco più tardi, nel 1905, sempre per mano di alcuni genovesi. Da qui il celebre soprannome Los Xeneixes (i genovesi).

Una veduta dell’attuale quartiere La Boca

 

La nascita del soprannome Los Milionarios, appellativo utilizzato in maniera dispregiativa dai tifosi del Boca per definire gli avversari, risale alla campagna acquisti faraonica operata dal club biancorosso agli inizi degli anni ’30. Sotto la presidenza di Antonio Vespucio Liberti, il River Plate acquistò Carlos Peucelle nel 1931 per 10.000 pesos, somma che gli valse il soprannome di “El primero milionario”, e Bernabé Ferreyra nel 1932 per 30.000 pesos.

Cifre astronomiche per l’epoca, fuori dalla portata di ogni singola concorrente, che dimostrarono in maniera chiara l’immensa disponibilità economica del club. Gli investimenti diedero indubbiamente i loro frutti, visto che i due trascinarono il River alla vittoria del campionato per tre volte. Ferreyra in particolar modo lasciò un segno indelebile negli annali argentini: la Fiera, così era soprannominato, è uno dei pochi giocatori che può vantarsi di avere a referto più gol che presenze, visto che nei sette anni a Buenos Aires mise a segno 187 centri in 185 partite.

Le operazioni onerose non si fermarono di certo qui: viste le dimensioni sempre più ridotte dello stadio presente nel barrio Palermo e considerata la sempre più crescente tifoseria biancorossa, Liberti finanziò i lavori per la costruzione del Monumental nella zona residenziale del Nunez, traslocando definitivamente nel 1938. Il Superclasico assunse di fatto i connotati di una guerra tra “poveri” e “ricchi”: da un lato gli Xeneixes fedeli alle proprie origini, dall’altro i Milionarios borghesi e arricchiti. Quando vengono a crearsi queste distinzioni ciò che accade dentro il rettangolo verde conta relativamente rispetto a quello che succede fuori, soprattutto in una terra passionale come quella sudamericana.

 

L’arrivo in finale

Il sottile filo che collega i destini di Boca e River prima o poi doveva ricongiungere le squadre a qualcosa di grande. Una serie di eventi portò Boca e River a contendersi per la prima volta la Copa Libertadores nel 2018. Il cammino fu relativamente agevole per entrambe le squadre le quali, una volta passati i gironi, riuscirono a proseguire nella competizione vincendo contro avversarie di tutto rispetto. Il Boca Juniors, dopo aver battuto i paraguaiani del Libertad e i brasiliani del Cruzeiro, si trovò di fronte al Palmeiras in semifinale.

Per gli Xeneixes l’andata alla Bombonera fu una passeggiata: secco 2-0 e finale ipotecata. Il Boca Juniors tornò in finale dopo sei anni dall’ultimo apparizione nonostante il moto d’orgoglio del Palmeiras, che fissò il ritorno sul 2-2. Discorso differente per il River Plate, che fronteggiando il Gremio in semifinale fece fronte a più di qualche difficoltà: dopo aver perso l’andata di misura al Monumental, gli argentini sbancarono Porto Alegre per 2-1, accedendo alla finale per la regola dei gol in trasferta.

Nonostante la squalifica da scontare, il tecnico Gallardo riuscì ad intrufolarsi negli spogliatoi per dare indicazioni ai giocatori: inutile dire che venne scoperto e squalificato per quattro partite, costringendolo a saltare i due Superclasico validi per la Copa Libertadores. Si vocifera che l’argentino avesse utilizzato come cavallo di Troia un carrello della biancheria, nascondendosi al suo interno per cercare di eludere i controlli. Il successo del River venne macchiato da un episodio dubbio che scatenò l’ira dei tifosi e dei giocatori avversari, i quali si sentirono derubati della possibilità di giocarsi la finale.

A fine partita l’arbitro fu costretto a uscire dal campo con la scorta per evitare le ferventi minacce dei giocatori del Gremio, mentre il tecnico dei brasiliani Portaluppi fece fuoco e fiamme in conferenza stampa, manifestando tutto il suo disappunto: “C’era Stevie Wonder a vedere? Vedendo la partita dalla cabina, come si fa a non notare che il giocatore fa gol con il braccio? Come fa a dormire sapendo questo?”. 

Gli highlights della discussa rimonta dei Millionarios in casa del Gremio nei dieci minuti finali

 

Locura

Locura (follia, in spagnolo) è il termine che calza a pennello per descrivere tutto ciò che accadde dopo la designazione del Superclasico. L’andata venne disputata alla Bombonera l’11 novembre, un giorno in ritardo rispetto a quanto deciso dalla federazione a causa dell’allagamento del campo da gioco. I tifosi Xeneixes accolsero il River Plate nella loro tana, incoraggiando i propri beniamini e mettendo in mostra tutta la loro garra. L’incontro terminò sul punteggio di 2-2, rimandando tutto alla gara del Monumental.

I giorni antecedenti al Superclasico di ritorno vennero vissuti da entrambe le tifoserie in maniera spasmodica. La valvola di sfogo per l’enorme entusiasmo che serpeggiava per le vie di Buenos Aires la offrirono quelli del Boca: il club aprì le porte dello stadio al pubblico per l’ultima rifinitura in vista della partita, in modo da caricare la squadra in vista dell’impegno decisivo. 50.000 anime popolarono le tribune della Bombonera, formando code infinite all’entrata già dalle cinque del mattino. I gradoni del vecchio impianto tremarono nel vero senso della parola: un video ritrae la folla oceanica presente alla Bombonera saltare in maniera coordinata, dando vita ad un’atmosfera incredibile. Sembrava dunque tutto pronto per l’atto finale: Boca Juniors e River Plate erano pronti a darsi battaglia per l’ennesima volta.

La carica dei tifosi del Boca alla squadra

 

Il 24 novembre la follia prese il sopravvento. All’arrivo del Boca Juniors al Monumental una manica di tifosi esaltati assaltò il pullman, lanciando tutto ciò che capitasse sottomano contro i finestrini del mezzo. L’assalto durò fino all’entrata allo stadio, con i giocatori del Boca che finirono inevitabilmente per essere colpiti dalle schegge di vetro e dal gas urticante lanciato dalla polizia per disperdere gli aggressori. I 66.000 accorsi al Monumental tornarono a casa malconci e con le pive nel sacco.

La CONMEBOL provò a trovare un accordo tra le parti per rinviare il Superclasico al giorno successivo ma nel processo di mediazione il Boca si rifiutò di partecipare all’incontro per tutela della squadra e dei tifosi. Il passo indietro dei rivali scatenò l’ira del presidente dei biancorossi D’Onofrio che parlò di “un’enorme vergogna per il calcio argentino, con i supporters dei Milionarios privati della loro partita” e accusò gli Xeneixes di essere venuti meno ad un accordo siglato in precedenza. In seguito ai fatti accaduti, sopra il Monumental iniziò a profilarsi l’ombra della vittoria a tavolino per il Boca Juniors.

 

Polemiche a non finire

La federazione sudamericana si arrese all’evidenza, dichiarando come la terra argentina non fosse in grado di accogliere il Superclasico e al tempo stesso garantire la sicurezza necessaria a squadre e tifosi. Gli organi della FIFA dunque si attivarono per cercare una sede adatta. Le ipotesi si sprecarono: da Doha fino al Marassi di Genova (meta proposta viste le radici italiane dei club coinvolti), si finì per scegliere il blasonato Santiago Bernabeu, dopo la proposta avanzata dal presidente della federazione spagnola Rubiales, in ottimi rapporti con Florentino Perez.

La decisione, tuttavia, non trovò l’unanimità dei consensi. Il River Plate, dal canto suo, non mollò la presa e presentò un nuovo ricorso, deciso a disputare il ritorno in casa. La CONMEBOL ignorò la questione e ufficializzò data e luogo, aprendo le vendite dei biglietti ad entrambe le tifoserie, trattandosi di un campo neutro. Le opinioni in merito circolarono per giorni sui social e sui giornali argentini, con la critica che iniziò a parlare sarcasticamente di “Copa Conquistadores”, alludendo al periodo storico in cui i conquistadores spagnoli sbarcarono in Sudamerica per prenderne il controllo.

Ironica rappresentazione della “Copa Conquistadores”

 

Allarme rosso

La paura che i disordini accaduti in Argentina potessero ripetersi iniziò a imperversare a Madrid, con le autorità che si attivarono con largo anticipo per garantire l’incolumità agli spagnoli. Aeroporti, stazioni e varie vie di accesso vennero messe sotto stretta osservazione. Il pericolo di rivedere le scene di Buenos Aires in terra spagnola era altissimo, soprattutto se le barrabravas, i gruppi di tifosi organizzati, avessero avuto modo di eludere i controlli e brulicare nella capitale spagnola.

Ipotesi molto plausibile, viste le notizie tutt’altro che confortanti che arrivarono dall’Argentina: i capi ultrà del Boca Juniors dichiararono che i controlli predisposti non sarebbero bastati per contenere il folto gruppo di seguaci che sarebbero stati inviati a Madrid. I membri della “12”, la tifoseria organizzata del Boca, figuravano nella lista dei 3.500 soggetti da tenere sotto controllo stilata dalle forze dell’ordine argentine e dai due club. Si trattava di un mix tra individui con più di un reato alle spalle e figure ancora illibate pronte a rischiare il tutto per tutto. La temperatura a Madrid si stava facendo sempre più calda: la tensione stava raggiungendo vette vertiginose.

 

La fine

Si arrivò dunque al fatidico giorno della finale di ritorno, utile a decretare finalmente un vincitore in questa lunga vicenda. Il Superclasico attirò numerose personalità importanti, la maggior parte di queste ben conosciute nel mondo del calcio. Gli oltre 10.000 chilometri che separano Buenos Aires da Madrid non impaurirono i tifosi, che accorsero in gran numero ad assistere a questa insolita finale. Sin dai primi minuti i presenti ebbero modo di constatare che la partita fosse ben diversa da quelle a cui erano abituati ad assistere. Tra entrate ruvide e colpi proibiti, il Boca Juniors riuscì a portarsi in vantaggio poco prima dell’intervallo con Dario Benedetto che, giusto per gettare ulteriore benzina sul fuoco, esultò in faccia ad un difensore avversario con una bella linguaccia.

L’esultanza provocatoria di Benedetto

 

Il secondo tempo del Superclasico infinito fu diametralmente opposto rispetto al primo, a cominciare dalla gestione dei cartellini, che iniziarono ad essere sventolati ai danni di entrambe le squadre. Lucas Pratto (ex Genoa, ironia della sorte) mise a segno il gol del pareggio e mandò Boca e River ai supplementari, che si aprirono in grande stile con l’espulsione del mediano degli Xeneixes Barrios.

Il cartellino rosso girò inevitabilmente l’incontro a favore del River Plate, che mantenne i nervi saldi e si portò in vantaggio a pochi minuti dalla fine del secondo supplementare. Nonostante il forcing finale del Boca Juniors, il gol del 3-1 rappresentò la pietra tombale su una contesa che sembrava non finire più. Il River Plate si aggiudicò la Copa Libertadores dopo un Superclasico folle ed estenuante, col contorno di scene non edificanti e che avevano decisamente poco a fare col calcio giocato. La storica vicenda del 2018, che figurerà per molto tempo negli annali, è solo un altro episodio di rivalità tra i club di Buenos Aires da aggiungere ad una raccolta ultracentenaria.

Gli highlights della finalissima del Bernabeu

 


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catenaccio

Di Marco De Gaspari

Totalmente dipendente da calcio e musica. Tutto si basa sulla più grande massima mai espressa: chi sa fare sa capire.