Di seguito un estratto del romanzo “Cronache di quartiere” di Vincenzo Corrado, pubblicato nel 2021 dalla casa editrice Scatole Parlanti.
Avanti e indietro, avanti e indietro. Tutta la mattina, tre euro e cinquanta. Oggi c’è freddo, la gente non passeggia anche se è sabato pomeriggio, fa troppo freddo. Meno male che il bar ha assunto questo ragazzo giovane, lui una moneta me la dà sempre quando mi vede, è una brava persona, un paio di volte quando non c’era il suo capo, che è uno stronzo, mi ha pure allungato un panino con il prosciutto.
Avanti e indietro, avanti e indietro, mi alleno più ora che quando giocavo a pallone. Se c’è una cosa che mi dà fastidio è la gente che mi guarda storto, che cambia marciapiede quando si accorge che cammino con in mano una bottiglietta di birra del discount: se uno fa il barbone deve essere per forza pure alcolizzato, vaglielo a spiegare che io d’inverno bevo per non congelarmi e d’estate anche se non c’è freddo un goccio mi serve comunque perché se no mi vergogno a chiedere l’elemosina.
L’alcol non mi altera, io non mi ubriaco mai, ho già dato con la droga, lo so che quella merda ti fa male, lo so benissimo. Sono povero e non ho una casa ma non sono un coglione. Ma che ne sanno che quando ero giovane con i soldi che guadagnavo in un anno mi sarei potuto comprare due o tre appartamenti.
Ho giocato sei partite in Serie A, mi aveva comprato l’Atalanta, avevo venticinque anni. L’anno prima avevo fatto sedici gol in Serie C2, ero giovane e allora mi hanno fatto un contratto di tre anni. Mi pagavano trecentosettanta milioni di lire all’anno per mangiare quello che mi preparava un cuoco, dormire nei migliori alberghi e giocare a pallone. Mi hanno pure fatto finire la scuola, perché a diciassette anni già giocavo in Serie D, mi avevano bocciato e avevo lasciato stare, invece a Bergamo sono diventato ragioniere.
All’Atalanta ho fatto solo sei partite perché ero sempre infortunato e i medici non capivano il motivo, quando stava per cominciare il campionato ho iniziato a sentire un dolore strano, non correvo bene e mi hanno fatto esami su esami, ma i risultati erano tutti negativi. Però il collo del piede sinistro mi faceva male, non riuscivo ad appoggiare il piede. Il medico della squadra aveva fatto capire all’allenatore che probabilmente non volevo giocare, che facevo finta. Io non volevo giocare? Io che nella mia vita avevo praticamente solo giocato a pallone! E allora hanno cominciato a farmi fare delle punture di cortisone, mi riempivano di medicine e un po’ ho giocato, qualche partita. L’anno dopo mi hanno venduto in Serie B e in Serie A a giocare con i campioni famosi che vanno in tv non ci sono mai più tornato. Anzi, dopo qualche mese ho dovuto proprio smettere di giocare e lì sono iniziati i problemi.
Quando cadi in disgrazia succede proprio come in uno di quei film che mentre lo stai guardando pensi che è una storia esagerata, che nella vita vera le cose non migliorano o peggiorano in così poco tempo. E invece è un attimo, basta qualche mese per finire in mezzo alla strada: non puoi più fare il tuo lavoro per un piede rotto, i soldi finiscono, la tua fidanzata ti lascia perché tu sei depresso e tutti quelli che fino al giorno prima erano tuoi amici scopri che ti stavano vicino solo perché a tutti piace non pagare mai al ristorante o entrare gratis in discoteca. È un attimo. Nella sfortuna, io ero stato pure fortunato perché un paio di amici che volevano darmi una mano ce li avevo, eppure non ce l’ho fatta a chiedere aiuto, sono affondato da solo. Mi sentivo come quando da bambino ero il più forte e all’oratorio non passavo mai la palla tanto scartavo tutti e facevo gol, solo che a un certo punto della mia vita ho iniziato a prendere il palo o la traversa o a tirare fuori oppure il portiere parava il mio tiro.
A distanza di anni sono consapevole di avere sbagliato a volere fare tutto da solo perché è stata quella solitudine che mi ha spinto a frequentare della gentaglia, non mi volevo arrendere a vivere come tutti gli altri dopo che avevo toccato il cielo con un dito, scrivevano pure gli articoli su di me sulla “Gazzetta dello Sport”, dicevano che ero una promessa del calcio italiano. A un certo punto invece sono di ventato una grande certezza dell’eroina italiana e a Milano dormivo in stazione.
Tranne che nel periodo della droga, quando ero stordito dalla mattina alla sera, ho sempre pensato che la vita è fatta di alti e bassi, anche ora che dormo alla stazione degli autobus: mi basterebbe un lavoro e un tetto, non chiedo la luna. Solo che più tempo passi da barbone e più è difficile che qualcuno ti dia una possibilità. Ma li capisco, è il mio momento brutto della vita, ma che ne sai, magari domani cambia.
Per adesso devo sopportare la faccia piena di paura di una vecchietta del quartiere che ogni volta che mi vede quasi ci rimane secca e i Vigili che ogni tanto mi chiedono dove vivo e perché sono sempre in giro, anche se conoscono le risposte a tutte e due le domande.
Faccio avanti e indietro, avanti e indietro. Oggi tre euro e cinquanta.
Incendio alla stazione dei bus, perde la vita un cinquantaquattrenne
Il rogo forse scaturito da un guasto all’impianto elettrico. In uno dei mezzi dormiva l’ex calciatore Natale Conti
Per qualcuno si è trattato di una tragedia annunciata, secondo le prime Ricostruzioni dei Vigili del Fuoco invece di una terribile fatalità: nella notte tra venerdì e ieri un vasto incendio ha avvolto i mezzi parcheggiati nella stazione cittadina degli autobus. Oltre ai danni ancora in fase di quantificazione, le fiamme non hanno lasciato scampo a Natale Conti cinquantaquattro anni, un senzatetto che si trovava all’interno di uno dei bus.
Sul posto, oltre ai pompieri, sono intervenuti sia i Carabinieri che la Polizia e la Procura ha aperto un fascicolo. Al momento l’ipotesi più probabile è che a causare l’incendio sia stato un malfunzionamento dell’impianto elettrico del deposito in cui vengono parcheggiati i mezzi: le fiamme evidentemente hanno raggiunto in breve tempo i mezzi, a cui viene fatto il pieno di benzina ogni giorno tra le 21.00 e le 22.00. I residenti della zona sono stati svegliati nel cuore della notte da una serie ravvicinata di boati, dovuti all’esplosione della ventina di autobus, e hanno chiamato il 112: all’arrivo dei soccorsi, purtroppo, per Conti non c’era già più nulla da fare.
Alla stazione degli autobus si è recato immediatamente anche il sindaco Ferri: “Andranno accertate le responsabilità di questo disastro” ha scritto il primo cittadino sulla propria pagina Facebook, “anche se sembra si tratti di una disgrazia e che l’azienda di trasporto non ne abbia alcuna colpa. Il Comune c’è, se servirà forniremo tutte le informazioni di cui la Procura ha bisogno”. Poi un pensiero anche per Conti: “Abbiamo cercato di contattare il prima possibile i familiari, siamo sconvolti dalla perdita di una brava persona che nella vita ha commesso degli errori, come capita a tutti, ma che stava cercando di rialzarsi”.
L’incendio per fortuna è stato domato prima che potesse estendersi fino ai condomini della zona, distanti circa cento metri. L’azienda di trasporto ha immediatamente diramato una nota ufficiale per annunciare che per almeno due giorni il servizio urbano è sospeso: è già scattata la corsa contro il tempo per reperire in tempi brevi i mezzi necessari a ripristinare almeno le corse più frequentate. Alcune città limitrofe hanno dato la loro disponibilità a mettere a disposizione alcuni bus per un periodo limitato di tempo.
Ma torniamo alla vittima. Natale Conti, per tutti Natalino, era una promessa del calcio italiano all’inizio degli anni Novanta: dopo una grande stagione in Serie C2 fu notato dall’Atalanta che lo mise sotto contratto per tre anni. Una volta arrivato sul palcoscenico della A, però, Conti non fu in grado di confermare le aspettative: la sua carriera a Bergamo, complici gli infortuni, durò appena un anno. Poi un tentativo in B e il clamoroso ritiro l’anno seguente ad appena ventisei anni. Da allora di lui si erano perse le tracce, anche se persone vicine al calciatore raccontano di un lungo periodo di depressione condito dall’abuso di sostanze stupefacenti.
L’ex calciatore, a cui negli anni Novanta era stato attribuito un flirt con la showgirl Tania Verdini, non era sposato e pare che da tempo passasse la notte nella rimessa degli autobus per ripararsi dal freddo.
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