È il minuto 63 di Lecce-Milan. I rossoneri sono avanti per 0-2, grazie al solito gol di Olivier Giroud e al primo sigillo di Tijjani Reijnders in Serie A. Dopo un inizio di campionato brillante, il Lecce sta boccheggiando e ha preso una china che conduce pericolosamente verso il fondo della classifica. Roberto D’Aversa si gira verso la zona dove le sue riserve si stanno riscaldando e chiama a sé due uomini. Uno è il centrocampista francese Alexis Blin, l’altro un demone spaventoso che i tifosi del Milan non vorrebbero mai vedere nel raggio di dieci chilometri da dove giocano i rossoneri. Si chiama Nicola Sansone e col Milan ha un conto in sospeso, a quanto pare. Qualche tifoso rossonero osserva il momento del cambio con nervosismo.
Sansone, nato in Baviera da genitori salernitani trapiantati in Germania, ha iniziato a dare i primi calci al pallone proprio in terra teutonica arrivando presto a vestire la maglia delle giovanili del glorioso Bayern Monaco. Dall’Italia, il papà di Sansone si è portato dietro pure l’ammirazione per una squadra in particolare: l’Inter. Un amore che, come ogni buon padre fa coi propri figli, ha cercato di trasmettere pure a Nicola. Vedendo la sua predisposizione per il calcio, e le sue doti da attaccante, gli regala magliette di Ronaldo (quello brasiliano, ovviamente) e Roberto Baggio. Ma dopo una prima riuscita fase di instradamento qualcosa va storto nei piani di Sansone senior. Nicola viene a contatto con la dura realtà: non è facile crescere nella terra che ospita una corazzata come il Bayern e, allo stesso tempo, tifare per una squadra come l’Inter, che negli anni a cavallo tra i ’90 e gli ’00 sembra allergica a qualsiasi tipo di successo. Così per Sansone arriva il momento di una vera e propria inversione a U, con buona pace del padre.
Ho iniziato a tifare Milan perchè in quel periodo l’Inter non vinceva niente. I rossoneri, invece, vincevano tutto e contro chiunque. Così sono diventati la mia squadra preferita: sogno un giorno di vestire il rossonero.
Sogno mai concretizzato. Si sarebbe mai immaginato, il piccolo Nicola Sansone, che invece di diventare una stella del suo Milan ne sarebbe diventata la nemesi?
15 febbraio 2013. Il giorno dopo San Valentino il Milan di Max Allegri riceve a San Siro il Parma. I rossoneri sono già troppo lontani dalla Juventus, che veleggia verso il secondo titolo consecutivo dell’era Conte, mentre i ducali si trovano in una posizione di stallo a metà classifica e sembrano, come Aldo in Tre Uomini e Una Gamba, non poter né scendere né salire. Tuttavia, il Parma non sembra venuto a Milano per fare da sparring partner e prova più di una volta a infastidire Abbiati. Il primo a raccogliere il pallone in fondo al sacco, però, è il gialloblu Pavarini, vittima del fuoco amico di Paletta, che nel tentativo di anticipare Niang (!) in scivolata fa 1-0 per il Milan. Un risultato consolidato nel secondo tempo da Mario Balotelli, che mette una punizione all’incrocio con la stessa nonchalance del barista che ti fa sempre il solito caffè tutte le mattine: ordinaria amministrazione. Nel torpore della fredda serata meneghina, però, arriva il momento di gloria di Sansone. In pienissimo recupero, Biabiany scappa sulla destra e mette al centro. Zapata buca l’intervento e manda in confusione Abbiati, ma non l’attaccante del Parma, che si trova il pallone sui piedi praticamente sulla riga di porta. Gol inutile ai fini del risultato, ma è comunque il primo sigillo contro la squadra del cuore. Non sarà l’ultimo.
Rivedere gli higlights di questa partita può nuocere gravemente alla salute, ma ci sono anche delle cose pregevoli
6 gennaio 2015. Sansone ha nel frattempo cambiato casacca, ma non regione, spostandosi qualche chilometro più a sud. A Sassuolo è uno dei terminali preferiti da mister Di Francesco, che lo schiera spesso e volentieri nel tridente con Berardi e Zaza. Il giorno della Befana, i neroverdi si presentano a San Siro con appena 5 punti di ritardo dal Milan in classifica dopo un ottimo girone di andata. Pessimo invece quello dei rossoneri, allenati da Pippo Inzaghi e già distanti 12 punti dalla Juventus. Per quel Milan-Sassuolo, il trio d’attacco rossonero è El Shaarawy-Menez-Bonaventura, solo panchina per un infreddolito Alessio Cerci. Non esattamente il Milan dei sogni, che tuttavia passa in vantaggio con Andrea Poli. Ci mette poco però la banda di Di Francesco a trovare il pareggio. Berardi si accentra e premia l’inserimento di Sansone, completamente perso dalla premiata ditta Alex-Rami. Per lui è un gioco da ragazzi controllare il cioccolatino del compagno e infilare lo spagnolo Lopez, che passerà alla storia del Milan più che altro per aver ceduto il passo, qualche mese più tardi, all’esordio tra i pali di Gigio Donnarumma, sempre contro il Sassuolo.
Sansone sarà pure milanista, ma esulta forte sotto la Sud. Nel secondo tempo Zaza porterà a compimento la rimonta: il Sassuolo espugna Milano vincendo 2-1.
Passa una settimana e la storia si ripete. Negli ottavi di Coppa Italia è di nuovo Milan-Sassuolo, Pazzini segna il gol del vantaggio per i rossoneri ma c’è ancora spazio per un po’ di drama. L’arbitro Dino Tommasi (vicinissimo a chiamarsi come uno dei giganti del commento sportivo e tennistico) fischia un calcio di rigore per gli emiliani. Il disastro lo combina ancora Zapata, che sdraia Pavoletti in piena area. Berardi non è in campo e sul dischetto si presenta Sansone: palla da una parte e portiere dall’altra, tanto per usare un luogo comune appena abusato da chi fa cronaca sportiva. Due gol in una settimana alla sua squadra del cuore per Nicola Sansone. Niente male. Quella sera, però, a vincere è il Milan, che accede ai quarti di coppa grazie al gol di De Jong.
La stagione successiva sulla panchina del Diavolo siede il compianto Siniša Mihajlović. Il 6 marzo del 2016 gli uomini del serbo vanno a far visita al Sassuolo al Mapei Stadium sull’onda di una striscia positiva che ha risollevato una stagione fin lì bruttina. La vittoria per 3-0 nel derby della Madonnina ha riacceso gli animi rossoneri, che sono imbattuti da nove partite e vogliono dare seguito all’onda verde. Pochi punti dietro al Milan, però, si agita il Sassuolo di Di Francesco, che non ha intenzione di concedere punti facili ai milanesi. E infatti prima segna Alfred Duncan, che lascia partire un bolide di sinistro all’incrocio dei pali a seguito di un intelligente schema da corner, battuto dal solito mancino di Domenico Berardi. A chiudere i conti, poi, ci pensa l’immancabile Sansone. Berardi premia la corsa di Vrsaljko sulla destra, il cross del croato passa vicino a Defrel e Alex senza che nessuno dei due riesca a toccare. Come un falco sbuca Sansone, appostato alle spalle di un De Sciglio piuttosto addormentato. Il ragazzo di Baviera colpisce di prima intenzione e supera Donnarumma per il definitivo 2-0 neroverde.
La corsa del Milan finisce di fatto qui. Nelle successive dieci giornate i rossoneri collezionano appena 11 punti e rimangono fuori dall’Europa, senza che l’avvicendamento in panchina tra Mihajlović e Brocchi, deciso quattro turni dopo il tonfo di Reggio Emilia, porti frutti. Si può dire, in un certo senso, che la prima scossa di terremoto sia arrivata quel giorno, con lo zampino di Nicola Sansone.
Ma che missile ha tirato Duncan?
Dopo un paio d’anni passati al Villarreal, che con sommo gaudio dei tifosi milanisti non incrocia mai in quel periodo il cammino del Diavolo, Sansone torna in Italia. Sempre in Emilia-Romagna, ormai patria d’elezione per il ragazzo metà tedesco e metà cilentano. A firmarlo è il Bologna, che ha iniziato la stagione con Pippo Inzaghi e la finirà con Mihajlović. Vi dice niente? Sono i due tecnici ai quali Sansone ha segnato gli ultimi due gol contro il Milan.
Undici mesi dopo il suo arrivo nella città felsinea, Sansone trova il modo di recuperare la sua routine. Al minuto 84 di Bologna-Milan, Chiffi ricorre al VAR per punire un tamponamento di Theo Hernandez (autore in quel match anche di una rete e di un autogol, per non farsi mancare nulla) su Orsolini. Pioli scuote la testa e sul dischetto si presenta Sansone. Uno sbuffo a mandare via la tensione e poi di nuovo palla in porta, per il gol del 2-3 che riapre i giochi. Non serve, perchè il Milan riesce a far sua la vittoria, ma per Sansone è un ritorno ai santi vecchi. È il suo quarto gol della stagione dopo 15 giornate: non ne farà altri.
Adesso, forse, è più facile anche capire il brivido che può essere passato lungo la schiena di qualche tifoso milanista, specialmente a quelli che a un po’ di sana superstizione aggiungono la buona memoria storica. L’assassino torna sempre sul luogo del delitto.
Un match, quello contro il Lecce, che pur tra alti e bassi il Milan pensa – e spera – di poter controllare. Due gol di vantaggio sembrano essere un’assicurazione sufficiente per tenere a distanza un Lecce reduce dal suo periodo peggiore in campionato e con Krstovic che sembra aver perso la capacità di buttare la palla in porta ogni volta che gliene capita l’occasione. Tutto questo finché non entra Sansone, arrivato a Lecce poche settimane prima da svincolato per rimpolpare la batteria di esterni di D’Aversa e che viene utile più che mai adesso che Almqvist si è fermato per infortunio e che Strefezza, il deus ex machina del Lecce della passata stagione, sembra non trovarsi a suo agio nei nuovi meccanismi offensivi dei salentini.
Sansone entra al minuto 63, si diceva: gli bastano tre giri d’orologio per segnare il suo ennesimo gol in carriera al Milan, approfittando di una sponda di testa (forse involontaria) di Blin, l’altro neo-entrato. L’attaccante dei salentini è lestissimo ad aprire il piattone e alzare la traiettoria, spedendo il pallone sotto la traversa e accendendo il Via del Mare, che si prepara ad un forcing finale da film. La partita finisce 2-2, con il gol del pareggio segnato da Banda, e avrebbe potuto diventare un trionfo per il Lecce se Abisso non avesse punito dopo revisione al VAR il pestone di Piccoli su Thiaw, annullando in un colpo solo sia la prodezza dell’attaccante leccese che l’incertezza di Maignan.
Tutto nasce, però, dalla scossa elettrica portata da Sansone. È il settimo centro per lui contro il Milan in Serie A, l’ottavo in tutte le competizioni. Anche la stagione passata la Sansone-curse aveva immancabilmente colpito. Dopo neanche 30 secondi di Bologna-Milan, Sansone sfrutta un cross affilato e basso di Posch, brucia Thiaw e la mette nel sacco. Un gol che sembra una fotocopia di quello segnato sette anni prima a San Siro, quando vestiva la maglia del Sassuolo.
Sansone, però, per il Milan non è soltanto sinonimo di disgrazia e sventura. Porta la sua firma, infatti, uno dei momenti decisivi delle ultime stagioni rossonere. Tutti si ricordano della devastante topica di Ionut Radu, sostituto per una notte di Handanovic al Dall’Ara, grazie alla quale il Bologna battè l’Inter e consentì al Milan di restare in vetta alla classifica dopo il famigerato recupero dell’incontro, nella stagione 21/22. A pochi, invece, resta in mente chi sia stato a toccare semplicemente il pallone a un centimetro dalla riga di porta, consegnando di fatto uno Scudetto al Milan: proprio lui, Nicola Sansone. Che forse pensa un pochino anche a quanto vale quel gol per la sua squadra preferita, oltre che per quella per cui gioca, quando va ad esultare sotto la curva dei tifosi del Bologna.
Spero che qualcuno, magari Maldini, mi chiami per ringraziarmi. Magari possono offrirmi di andare lì in prestito, così gioco la Champions League…
Nelle interviste dell’immediato post-partita, Sansone scherza con l’inviato di Sky che gli chiede se abbia pensato all’importanza di quel gol, tra una risata e l’altra. Gli uomini mercato rossoneri, però, hanno altro per la testa.
Anche se uno che ti segna sempre è meglio averlo con sè che lasciarlo agli altri, col senno di poi. Il Milan rimane la vittima preferita di Sansone, seguita curiosamente dall’Inter. La sua squadra e quella del padre. Per non fare un torto a nessuno, lui riesce sempre a punirle entrambe.
Questo elemento non piace ai tifosi dell’Inter
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