Dopo cinque anni di silenzio, che hanno generato un notevole livello di hype, lo scorso 20 ottobre Calcutta ha finalmente lasciato libero nel mondo il suo ultimo lavoro discografico. Relax, il nuovo disco di inediti, contiene 11 tracce che portano la produzione del cantante di Latina ad un nuovo livello.
Abbiamo provato ad inventarci un giochino. E se Edoardo D’Erme (il vero nome di Calcutta) avesse dedicato ogni suo pezzo ad una squadra, un calciatore, una situazione della nostra Serie A? Ci siamo divertiti ad immaginare i suoi nuovi testi traslati in questo contesto ed ecco cosa ne è uscito.
Avviso ai naviganti. Salteremo volontariamente la traccia 6, “Intermezzo”, perchè è uno strumentale. Anche la Traccia 7, “SSD”, resterà fuori dal giochino. Questo pezzo parla di un argomento troppo delicato: è un dialogo immaginario di Calcutta con la madre, scomparsa nel 2021. Non ce la sentiamo di scherzarci sopra.
Se non esistessero i soldi, noi due dove saremmo?
Basta la prima frase del pezzo introduttivo dell’album di Calcutta per proiettarci in un mondo ben preciso. Questo pezzo, curiosamente diviso tra una ballata sentimentale e un inno di alpini, sembra essere cucito su misura sul rapporto tra Max Allegri e la Juventus. Quante volte, in questi mesi, è circolata la voce – per qualcuno più una speranza – che il tecnico livornese fosse ormai alla fine del suo rapporto con la Vecchia Signora? E quante volte si è vociferato che la Juve avesse deciso di tenere Max in sella più per una questione di vil denaro che per un reale rapporto di fiducia tecnica? Il mister bianconero è il più pagato tra i suoi colleghi in Serie A (insieme a Mourinho) con i suoi sette milioni di euro l’anno. Quanto Pioli e Gasperini messi insieme, il quadruplo di quello che prende Italiano, sette volte tanto lo stipendio del rampante Raffaele Palladino. La voce del popolo, e anche di qualche penna giornalistica, insiste sul fatto che la Juve non abbia mai preso la decisione di cacciare il labronico dalla panchina bianconera proprio per questo motivo: cacciarlo costerebbe troppo. E allora tanto vale, in un’epoca di austerity dovuta a tanti motivi – tecnici e non – che non staremo ad affrontare qui, tenere botta insieme e provare a continuare fino al 2025, quando il contratto di Allegri sarà scaduto. Le frasi finali del pezzo sembrano una promessa che la Juventus si sente di fare ad un tifoso deluso, esausto del gioco non certo brillante della sua squadra e dai risultati che tardano ad arrivare: Resta qui vicino, tanto tornerò…quando finisce il buio.
La fantasia di chi scrive corre veloce, forse troppo, nel sentire questa canzone di Calcutta che ci parla di un amore perduto. Una coppia che si spacca, nella quale uno voleva fare le cose con calma, l’altro voleva tutto e subito.
Sono stato un po’ solo (…) io volevo solo un giro con te prima dell’apocalisse, che tutto finisse ben oltre il limite
Come fare a non leggere in queste parole la delusione di un affranto Lautaro Martinez, sconvolto dalla decisione di Romelu Lukaku di non restare all’Inter? In fin dei conti, il Toro voleva solo riprovarci, fare un altro giro di giostra col suo compagno di reparto preferito di sempre, L’anno passato qui è stato uno schifo, e ancora crolla un po’. La Lu-La l’anno scorso si è vista poche volte insieme, vuoi per i problemi fisici che hanno minato l’inizio di stagione di Big Rom, vuoi per le difficoltà di Simone Inzaghi nel rinunciare al feticcio Dzeko. Ma Lautaro, sotto sotto, ci sperava di poter riprovarci da capo, in questo 2023/2024. Ma i sassi contro il vetro non tornano indietro. Lukaku si è bruciato coi suoi capricci la possibilità di tornare in neroazzurro e Lautaro adesso si ritrova (quasi) da solo.
Io ci riprovo ancora (…) annusando dentro l’aria qualcosa, come un cane antidroga. Al bomber argentino ora non resta che ripartire da capo, sperando di trovare nei suoi compagni di reparto anche un minimo dell’intesa che aveva con l'(ex) amico belga. Riusciranno i vari Thuram, Arnautovic e Sanchez a fargli passare il mal d’amore?
Pare strano che finalmente siamo soli e ancora non balliamo. E mano per la mano mi dicevi: “ma se poi invecchiamo?”
Maurizio Sarri l’anno scorso ha tirato fuori dal cilindro un mezzo miracolo, trascinando col suo credo tattico la Lazio ad un insperato secondo posto in campionato. Eppure qualcosa quest’anno manca. La classifica piange, la tifoseria resiste e sta con lui, ma il fumantino mister valdarnese non ha una storia personale che parla di pazienza. C’è sempre qualcosa, nel suo modo di essere, che trasmette nervosismo. E che lo porta spesso a logorare rapporti che si vorrebbe durassero per sempre. Forse si aspettava di più quest’anno, magari Lotito gli aveva promesso dei mari e dei monti che alla fine son rimaste solo cartoline. La sua Lazio sembrava una beretta, pronta a esplodere così, nel buio della notte, abbassando il finestrino. Ma la spoletta sembra essergli rimasta in mano.
Guerra persa. Non ero mai finito a letto con una di destra. E mano per la mano mi dicevi “Senti che tristezza?”
Come un lampo sopra la città ti ho visto in un angolo, da solo nel traffico. Ma magari non eri neanche te…
Certi amori son talmente forti che rischiano di provocare illusioni, visioni, quasi allucinazioni. Spalletti ha lasciato Napoli dopo un anno straordinario, chiuso con la gioia più grande che si possa immaginare per un intera città. De Laurentiis ha portato in città Rudi Garcia, ma i tifosi azzurri ancora sognano di vedere spuntare, in un vicolo di Napoli o ad un incrocio trafficato, la vecchia Panda di Luciano Spalletti, con lui alla guida, diretto verso Fuorigrotta. Ma è solo un attimo. Ho accelerato il passo per andare via, il mio cuore è nel panico. Non resta che ripartire veloce, allontanandosi da un pensiero felice ma ormai passato, per concentrarsi sul presente. Ma ogni volta che spunta un cranio lucido da un angolo, o che si sente qualcuno parlare in toscano in città, è impossibile non farsi prendere dal brivido.
E ho scritto un Vangelo che parla di te, ma ormai è troppo tardi e ho paura di dirtelo.
Un uomo solo contro tutti, Josè Mourinho. Abile a fare quadrato intorno alla sua squadra, a diventare un tutt’uno con spogliatoio e piazza. I tifosi lo seguirebbero in capo al mondo, anche se guardare una partita della Roma non è così divertente. I suoi giocatori diventano figli suoi e pendono dalle labbra di un padre acquisito, coi capelli brizzolati e un forte accento portoghese. Tutti gli altri, ma proprio tutti, contro di loro.
O è così oppure è quello che Mourinho, furbamente, prova ad inculcare nella testa di chi gli è fedele. Mourinho ha messo le scarpe nuove per i giorni di fango, pronto a guidare la sua truppa sul campo di battaglia e prendendosela con tutto e tutti. Arbitri, avversari, calendario, chi più ne ha più ne metta. Vi ricordate quando lo Special One era arrivato in Serie A come un meteorite, quasi 15 anni fa? Sembra un’eternità, sembra una vita fa.
Lui non si cura dello sprezzo della gente e tira avanti, imperterrito, forte della Conference League vinta due anni fa e dell’Europa League solo sfiorata l’anno dopo. Per qualcuno, in fondo, è ancora Special. E a noi sembra di sentirlo motivare i suoi nello spogliatoio, mettendoli contro il mondo intero. “Per gli altri sembriamo tutti impauriti, tutti bolliti, tutti falliti“.
Un divertissement di due minuti e quaranta, che sembra parlare di un amore pronto a nascere, seppur contagiato dalle atmosfere cupe di una non meglio specificata città del nord. E allora a noi piace pensare che la città sia Udine, e che Calcutta abbia prestato la voce non ad una persona sola, ma a tanti ragazzi tutti insieme. Zemura, Ebosele, Ebosse, Kamara, Brenner, Keinan Davis, Zarraga, Quina, Kabasele…e tutti quelli che possono venirvi in mente. Sembriamo tutti soli qui al nord. Ma che ne so di te, della tua loneliness?
Quest’anno, effettivamente, Pozzo & Co. sembrano aver esagerato con l’infornata di facce nuove e di oggetti misteriosi. Dura per Sottil raccapezzarsi in questa situazione, aggrappato ai (pochi) gol di Lucca e Thauvin e alle giocate di Samardzic. E se ti senti solo, forse, è ora di andar via. Ora tocca a Cioffi cercare di capirci qualcosa.
E adesso che sono solo, io parlo ogni tanto di te.
Il Condor è rimasto solo. Adriano Galliani non ha più Silvio Berlusconi al suo fianco, anche se il Monza sembra non sentire troppo la mancanza di un personaggio così ingombrante e fuori dall’ordinario. La classifica sorride ai brianzoli, guidati da un allenatore innovativo come Palladino. Ma qualcosa, a Galliani, sicuramente ancora manca. La poltroncina al suo fianco è rimasta vuota e dopo una vita insieme, tra lavoro, politica e soprattutto tanto e tanto calcio, è normale che nulla sia come prima.
Quando stavamo da soli io non parlavo mai di me. Era meglio ridere, fuori c’è la tempesta e non vorrei vederla mai.
A volte dirti “I Love You” non ne posso più. Adesso credimi, non sei tu. È solo che mi sento giù.
Calcutta ci racconta qui di amore e odio, ma soprattutto amore. Come quello dei tifosi della Salernitana nei confronti della propria squadra, in questa stagione. Dopo un’annata passata decisamente sopra la linea di galleggiamento, in questa nuova traversata il galeone granata ha subito più del previsto la forza delle onde. Non è bastato venire dalla terra di Magellano e Vasco da Gama, a Paulo Sousa, per condurre la nave in porto anche quest’anno. In lui la Curva Siberiano credeva molto, ma quando ci si abitua molto bene è facile restare delusi da singhiozzi e indecisioni. Così la Salernitana, già scottata dal caso Dia, ha dovuto affrontare anche la decisa presa di posizione dei tifosi. Con uno striscione molto eloquente, i calciatori sono stati invitati a tirare fuori gli attributi. Adesso tocca ad un nuovo condottiero, SuperPippo Inzaghi, sperare nel vento e in un po’ di abilità al timone per raddrizzare la rotta. Non deve aver paura. Se la maglia sarà sudata, l’amore degli spettacolari tifosi dell’Arechi li sosterrà e li guiderà verso l’obiettivo.
Stammi più accanto che dentro ho l’inferno. Più ti sento e più ritorno lì con te.
Allegria, perchè te ne vai, spezzandomi come pane carasau? Se tu non torni qui…
Il riferimento alimentare rende fin troppo facile il collegamento con la Sardegna, per il pezzo che chiude il disco di Calcutta. Il Cagliari di Ranieri sembra essere lo specchio perfetto di questa definizione. Dopo una seconda parte di stagione stellare in Serie B, culminata con la vittoria dei playoff in casa del Bari, la luce sembra essersi spenta. I rossoblu annaspano, gli uomini chiave sembrano pesci fuor d’acqua, i giovani faticano ad emergere. Le giocate del solo Luvumbo non possono bastare a salvare la baracca. Serve qualcosa di più, che sia un’illuminazione di Ranieri o il ritorno del bomber che tutti aspettano.
È dai gol di Lapadula, infatti, che passa tutta la stagione del Cagliari. La differenza tra averlo o non averlo in campo può segnare la differenza tra la salvezza e la retrocessione. E la canzone sembra quasi invocare l’attaccante italo-peruviano, come in una preghiera collettiva, in una danza della pioggia di buon augurio.
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